ANITA, LA MERAVIGLIOSA RONDINE BRASILIANA di Claudio Di Giampasquale
Ana Maria de Jesus Ribeiro la splendida mora brasiliana di Morrinhos, visse la sua breve vita come il vento teso che si fa tempesta. Era una ragazza con indole ribelle e indomita, sin da bambina. Alla morte di suo papà la famiglia Ribeiro cadde in povertà e così, quando la bella adolescente compì quattordici anni, sua mamma decise di darla in sposa al primo marito, un buon uomo molto più grande di lei. La ragazzina era contraria, era una ribelle per natura e pur obbidendo non si rassegnò a un futuro che non aveva scelto. Passarono quattro anni, quando a diciotto anni per caso conobbe a Laguna una località nello Stato federato di Santa Catarina, un affascinante e intrepido combattente che, le sue amiche le dissero, offriva la spada ed il sangue a ogni popolo lottando contro la tirannia. Quel trentaduenne giramondo italiano di Nizza più di un soldato era considerato un "semidio". Era lì in Brasile per contribuire all'indipendenza e alla libertà di quella vasta terra, si chiamava Giuseppe Garibaldi e il suo appellativo era "eroe dei due modi".
Giuseppe, allora al servizio dei ribelli del Rio Grande do Sul, era a bordo della nave "Itaparica" quando avvistò Anita tra un gruppo di donne sulla riva e, colpito dalla sua bellezza, decise di conoscerla meglio. Quando s'incontrarono per la prima volta lì al porto di Laguna ci fu un incredibile colpo di fulmine, qualcosa di divino, non raccontabile a parole, per diversi minuti si guardarono fissi negli occhi tenendosi le mani in segno di saluto, Cupido lanciò la sua freccia e da allora nacque un amore inconmensurabile. Da quel momento, i due non si separarono più, condividendo ideali e avventure.
Anita, abbandonò di colpo tutto, seguendo il suo uomo italiano nelle clamorose ed epiche avventure che lo renderanno "immortale" nella storia. Giuseppe da allora la volle al suo fianco, sentiva d'averne improvvisamente bisogno, d'aver necessità del suo supporto, dell'incredibile spirito libero di lei, del suo maestoso coraggio e della sua razionalità.
Con Anita a fianco Giuseppe Garibaldi divenne ancor più forte. Divenne imbattibile. Tre anni dopo si sposarono nella parrocchia di San Francesco a Montevideo, stando alle sue memorie, Garibaldi dovette dichiarare formalmente di aver notizie certe della morte del primo marito di lei.
Anita era una donna forte, coraggiosa, un’amazzone, ma anche una vera compagna, che avrebbe dato a Giuseppe quattro figli e l’avrebbe amato come nessun’altra, per tutto il corso della sua breve vita, come lui aveva desiderato. Diede prova di valore in diverse circostanze, nella battaglia a Laguna dove corse grandi rischi per portare in salvo delle munizioni, nella battaglia a Curitibanos, quando venne fatta prigioniera dalle truppe imperiali brasiliane ma non si diede per vinta, rubò un cavallo e scappò via nella selva. E poi nella battaglia di San Antonio in Uruguay. E ancora quando invece di restare al sicuro a Nizza, anche se incinta del quarto figlio, volle raggiungere Garibaldi a Roma che era stata proclamata "repubblica". Rimase al fianco del marito anche quando la città eterna cedette all’assedio del 1849, ma non sopravvisse alla fuga verso Venezia, Anita anche se "con il pancione" non aveva abbandonato il fianco del suo amato. Quando arrivarono nei pressi di San Marino, la donna era febbricitante. A Cesenatico s'imbarcarono, ma all’altezza di Punta di Goro le navi austriache impedirono ai coniugi Garibaldi e ai loro seguaci di proseguire. Sbarcati, cercarono di seminare i loro inseguitori. Fu nelle valli di Comacchio che perdette conoscenza e portata al riparo alla fattoria Guiccioli a Mandriole, vicino Ravenna. Da quelle mura non uscì mai più viva.
Aveva solo ventotto anni quando se ne andò lasciando Giuseppe nella disperazione, era mezzogiorno di sabato 4 agosto quando si spense. Fu dichiarato a causa dell'infezione per la brutta ferita subita nei combattimenti di Roma.
Immediatamente dopo la sua morte, Garibaldi al suo capezzale cadde prostrato, sconvolto, disperato, pianse per ore e ore. Per la prima volta lo videro piangere come un bambino. Nelle sue memorie scrisse:
«Avevo bisogno d’una donna che m'amasse subito! Sì, una donna! E il destino mi mandò Anita, la più perfetta delle creature. Da quel giorno non ho desiderato più niente. Il mio viso, come il viso del sole, era sfiorato dal suo sguardo, che era come una pioggia leggera, calma, sul mare. Anita era la mia rondine amica e improvvisamente come una rondine è volata via e l'ho persa per sempre...»
Fu inizialmente sepolta a Mandriole vicino a Ravenna e poi traslata a Nizza, nel cimitero della famiglia Garibaldi. Infine, le sue spoglie furono definitivamente deposte giovedi nel 1932 alla base del monumento equestre in suo onore sul Gianicolo scolpito da Mario Rutelli, bisnonno di Francesco ex sindaco della capitale. Per visitarlo, è ubicato esattamente a piazzale Anita Garibaldi.
ANITA, GIUSEPPE E ROMA
La difesa di Roma da parte di Garibaldi nel 1849 fu un episodio chiave del Risorgimento, in cui il generale guidò la resistenza contro le truppe francesi intervenute per restaurare il potere temporale del Papa. Nonostante la sconfitta e la caduta dell'appena nata repubblica, l'eroica difesa di Roma da parte di Giuseppe con a fianco la sua straordinaria eroina brasiliana e dei suoi volontari, nota come "la battaglia per la difesa della Repubblica Romana" lasciò un segno indelebile nella storia d'Italia.
Quei cruenti scontri a fuoco sopra il rione di Trastevere furono caratterizzate dal coraggio e dalla determinazione dei garibaldini, con combattimenti accaniti in cima al colle Gianicolo e a Porta San Pancrazio. Nonostante la sconfitta, la difesa di Roma da parte dell'«eroe dei due mondi» e dei suoi volontari rimase un simbolo d'eroismo e patriottismo, contribuendo a mantener vivo lo spirito d'indipendenza e la voglia d'unificazione dell'Italia.
Anita durante questi violentissimi scontri romani ebbe un ruolo fondamentale, attivo e combattivo. Inoltre col suo coraggio e con il suo carattere forte, sostenne incredibilmente il morale del marito. Partecipò attivamente a tutti gli scontri. Nonostante il suo "stato interessante" cavalcò al fianco dei suoi amici garibaldini, incoraggiando tutti alla stoica difesa di Roma. Purtroppo fu ferita e, dopo la resa sopportando il dolore partecipò alla drammatica ritirata, sempre a cavallo, fino alla tragica morte.
La bellissima canzone del cantautore romano Amedeo Minghi dedicato ad Anita. Fu anche la colonna sonora della miniserie televisiva "Anita Garibaldi"