BENEDETTO XVI: IL SACRIFICIO DI UN UOMO LEALE di Claudio Di Giampasquale

Papa Benedetto XVI lasciò il soglio pontificio diciassette giorni dopo il suo annuncio. La causa principale, dichiarò lo stesso papa Ratzinger, fu l'insonnia che non gli lasciava tregua. Molti, anzi troppi, non hanno compreso le reali motivazioni del suo gesto che sconvolse il mondo. Joseph, eccezionale teologo e uomo di grande cultura, amava svisceratamente il suo incarico di grande responsabilità: «la potestà piena e suprema» di guida pastorale della Chiesa ed era assolutamente in grado di tener testa a tale difficile compito, ed era orgoglioso del titolo di «Sommo Pontefice». Ma ci fu un avvenimento che gli fece mettere da parte tutto ciò e che lo fece riflettere per settimane, mesi ed alla fine lo portò a una coraggiosa e inevitabile decisione. Fu un grande papa.

Nel mese di dicembre 2012, papa Benedetto XVI era tormentato perchè in attesa di un rapporto investigativo sulle finanze della Santa Sede: il caso «Vatileaks» era scoppiato qualche mese prima. Si parlava di corruzione e appropriazione indebita e il governo Vaticano con alcuni membri della Curia ne erano direttamente coinvolti. Il papa sino ad allora non ne aveva mai saputo nulla, per ciò avviò una sua personale indagine nella massima segretezza: scelse per la stesura del rapporto di cui necessitava alcuni cardinali che non facevano parte della Curia.
Gli uomini del papa tornarono al cospetto del Santo Padre dopo alcune settimane con il loro esteso e dettagliato resoconto, era un pamphlet di seicento pagine. Il documento fu molto schiacciante.
La stampa diceva la verità, coloro che gestivano il Vaticano e in particolare i più stretti collaboratori del Pontefice erano coinvolti in uno scandalo senza precedenti di corruzione e malversazione finanziaria. Peggio ancora, Benedetto XVI scoprì che tutti coloro che avevano cercato di metterlo in guardia erano stati allontanati dal Vaticano. Il Papa cadde nello sconforto, lui un irreprensibile e virtuoso uomo di lettere si stava ritrovando al cospetto della meschinità e della violenza politica. Si ritirò in isolamento, nella preghiera e nelle riflessioni più profonde, tormentato da enormi dubbi e da strazianti interrogativi, la cui morale era:
«cosa si può fare per porre fine a questi eccessi?» nonostante la sua carica di sovrano assoluto, si sentì un papa la cui propria integerrima personalità lo rendeva debole e vulnerabile in tale situazione. Tutto ciò era intollerabile per un uomo come lui. Sapeva d'avere pochissimi spazi di manovra di fronte a un sistema in vigore da tempo. Ma sapeva anche d'avere ancora un'autorità che nessun papa aveva usato da secoli e secoli: «il potere della Rinuncia». Dopo tante elucubrazioni che tormentarono la sua mente in un periodo così oscuro, Joseph Aloisius Ratzinger non giunse certamente alla conclusione per mancanza di coraggio ossia per "sfilarsi da una così scottante situazione". Il motivo che lo spinse all'inevitabile e straziante decisione finale dopo tali lunghe e meticolose riflessioni era depositato da secoli nei gangli delle regole pontificie: «Se un Papa rinuncia alle sue funzioni, l'intera Curia deve dimettersi con lui». Prese la sofferta decisione nella solitudine delle sue riflessioni. Ma non lo disse a nessuno.
Alle ore undici e trenta di lunedi 11 febbraio 2013, circa due mesi dopo la sua segreta e penosa scelta, durante la cerimonia di canonizzazione dei Martiri d'Otranto, Papa Benedetto XVI sorprese tutti, si sedette sulla solenne scranna posizionata nella grande sala del concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, aveva in mano un foglio su cui aveva scritto di suo pugno le parole che, fatto silenzio, iniziò solennemente a pronunciare in latino:
«Fratres carissimi. Non solum propter tres canonizationes ad hoc Consistorium vos convocavi, sed etiam ut vobis decisionem magni momenti pro Ecclesiae vita communicem. Conscientia mea iterum atque iterum coram Deo explorata ad cognitionem certam perveni vires meas ingravescente aetate non iam aptas esse ad munus Petrinum aeque administrandum. Bene conscius sum hoc munus secundum suam essentiam spiritualem non solum agendo et loquendo exsequi debere, sed non minus patiendo et orando. Attamen in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium etiam vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur, ut incapacitatem meam ad ministerium mihi commissum bene administrandum agnoscere debeam. Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die XIX aprilis MMV commisso renuntiare ita ut a die XXVIII februarii MMXIII, hora XX, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse.Fratres carissimi, ex toto corde gratias ago vobis pro omni amore et labore, quo mecum pondus ministerii mei portastis et veniam peto pro omnibus defectibus meis. Nunc autem Sanctam Dei Ecclesiam curae Summi eius Pastoris, Domini nostri Iesu Christi confidimus sanctamque eius Matrem Mariam imploramus, ut patribus Cardinalibus in eligendo novo Summo Pontifice materna sua bonitate assistat. Quod ad me attinet etiam in futuro vita orationi dedicata Sanctae Ecclesiae Dei toto ex corde servire velim». Ecco la traduzione:
«Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio».
Ci fu sbigottimento e sgomento, il mondo (sia quello laico che la maggior parte di quello religioso) non capì o meglio non si voleva credere che il papa stava rinunciando al suo pontificato. Ci fu grande emozione.
Nel mondo della Chiesa tutto è ritualizzato e fa parte di una tradizione «in saecula saeculorum». Quel giorno di febbraio del 2013 era appena accaduto qualcosa che non si era mai visto prima. I collaborati del papa dimissionario erano completamente sbalorditi. Per diversi minuti i tanti cardinali presenti rimasero senza parole, finchè il loro decano, il cardinale Angelo Sodano, in piedi al centro della grande sala, pronunciò con voce addolorata queste considerazioni in lingua italiana:
«Santità, amato e venerato successore di Pietro, come un fulmine a ciel sereno, ha risuonato in quest’aula il suo commosso messaggio. L’abbiamo ascoltato con senso di smarrimento, quasi del tutto increduli. Nelle sue parole abbiamo notato il grande affetto che sempre Ella ha portato per la Santa Chiesa di Dio, per questa Chiesa che tanto Ella ha amato. Ora permetta a me di dirle a nome di questo cenacolo apostolico, il collegio cardinalizio, a nome di questi suoi cari collaboratori, permetta che le dica che le siamo più che mai vicini, come lo siamo stati in questi luminosi otto anni del suo pontificato. Il 19 aprile del 2005, se ben ricordo, al temine del Conclave, io le chiesi, con voce anche trepida da parte mia: Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?, ed Ella non tardò, pur con trepidazione, a rispondere dicendo di accettare confidando nella grazia del Signore e nella materna intercessione di Maria, Madre della Chiesa. Come Maria, quel giorno Ella ha detto il suo “Si” ed ha iniziato il suo luminoso pontificato nel solco della continuità, di quella continuità di cui Ella tanto ci ha parlato nella storia della Chiesa, nel solco della continuità coi suoi 265 predecessori sulla cattedra di Pietro, nel corso di 2mila anni di storia, dall’apostolo Pietro, l’umile pescatore di Galilea, fino ai grandi papi del secolo scorso, da San Pio X al beato Giovanni Paolo II. Santo Padre, prima del 28 febbraio, come lei ha detto, giorno in cui desidera mettere la parola fine a questo suo servizio pontificale fatto con tanto amore, con tanta umiltà, prima del 28 febbraio, avremo modo di esprimerle meglio i nostri sentimenti. Così faranno tanti pastori e fedeli sparsi per il mondo, così faranno tanti uomini di buona volontà, insieme alle autorità di tanti Paesi. Poi ancora in questo mese avremo la gioia di sentire la sua voce di pastore, già mercoledì nella giornata delle Ceneri, poi giovedì col clero di Roma, negli Angelus di queste domeniche, nelle udienze del mercoledì. Ci saranno quindi tante occasioni ancora di sentire la sua voce paterna. La sua missione però continuerà. Ella ha detto che ci sarà sempre vicino con la sua testimonianza e con la sua preghiera. Certo, le stelle nel cielo continuano sempre a brillare e così brillerà sempre in mezzo a noi la stella del suo pontificato. Le siamo vicini, Padre Santo, e ci benedica».
Il papa dopo il commento di Sodano fu molto franco e coinciso, triste. Recitò una preghiera e uscì dalla sala. I cardinali rimasero soli, senza un papa. Le improvvise dimissioni di papa Ratzinger furono uno shock e un evento straordinario per la Chiesa cattolica, non solo in questo secolo ma nei millenni.
La sera stessa di quel lunedi 11 febbraio, mentre su Roma si abbattè una fortissima pioggia torrenziale, un fulmine colpì la basilica di San Pietro, l'immagine dell'enorme folgore che colpì il parafulmini posto sulla cima della cupola è impressionante, fu scattata dal fotoreporter Alessandro Di Meo. Che dire, una coincidenza veramente strana che ricordano tanto i fatti narrati nel Vangelo secondo l'apostolo Marco nel passaggio 15,33-39. La scienza ovviamente dà una giustificazione logica a ogni avvenimento, ma Roma, si sa, è una città dai mille volti in cui il mistero va a braccetto con il raziocinio e sopra a tutto qui il sacro si sposa da secoli al profano, e vanno anche piuttosto d’accordo.