L' ANIMO REALISTA DI GIGGI ZANAZZO di Claudio Di Giampasquale

Giggi Zanazzo venne alla luce martedi 31 gennaio 1860 in via dei Delfini 5, antico vicolo nel rione Campitelli che collega piazza Margana a via dei Funari. Sua mamma Anna, romana verace, e suo papà Carlo, un'oste Testaccino d'origine veneta, lo registrarono all'anagrafe con il nome di Luigi Antonio Gioacchino. Sin da piccolo venne denominato "Giggi".
Nel rione meno popolato dell'Urbe crebbe un'infanzia felice. Campitelli, anticamente detto “Platea Turris Melangoli” è un'area caratterizzata dalla presenza di monumenti antichi, siti archeologici, musei, chiese e palazzi nobiliari. C'è poco spazio per edifici popolari ed allora ci vivevano non più di cinquecento persone, di cui faceva la famiglia Zanazzo. Qui Giggi svilupperà l'immenso amore per Roma, sentimento che sarà ragione della sua vita e farà la sua fortuna.
Studiò ragioneria presso il
"Collegio Poli dei Fratelli delle Scuole cristiane" (odierno
Collegio San Giuseppe De Merode in piazza di Spagna) allora situato all'interno di Palazzo Poli l’edificio su cui poggia la Fontana di Trevi. Alla sua scuola mossero i primi passi anche
Carlo Alerto Salustri e altri importanti nomi della poesia dialettale della Roma d'inizio secolo.
Poco più che diciottenne Zanazzo iniziò a frequentare i caffè letterari più in àuge del centro e quel periodo compose i primi versi romaneschi. Grazie alla sua audacia ebbe modo di esporli ad alcuni frequentatori che ne apprezzarono la forma, il contenuto e il significato. Conobbe Alfredo Baccelli, famoso poeta figlio di Guido, ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia. Grazie alla segnalazione di quest’ultimo, fu assunto nel 1884 come vice bibliotecario e poi come funzionario al Ministero della Pubblica Istruzione. Cominciò a scrivere in modo continuativo e gli editori facevano a gara per aver l’esclusiva dei suoi scritti.
Giggi nella vita ebbe sempre un temperamento aperto e cordiale che lo portava a vivere con i popolani dai quali trasse l'immensa qualità della sua arte. Oltre che bibliotecario divenne poeta, commediografo e studioso della cultura romanesca, dalle sue radici. Letterato e scrittore dalla penna affilata e l’animo realista, fu uno dei maggiori verseggiatori folkloristici romani, a lui dobbiamo la raccolta e documentazione delle usanze, della lingua, della tradizione e della cultura di una Roma Pontificia che stava scomparendo. Lo fece costantemente, attraverso le vive testimonianze del popolo precedenti il suo ruolo di Capitale nell’Italia unita. Annotò vecchie storie e racconti direttamente dalla viva bocca degli anziani, appena in tempo prima che andassero definitivamente perduti. Roma ormai era soggetta ad un'intensa immigrazione e modernizzazione e inevitabilmente stava subendo una rapida estensione urbana e trasformazione economico-sociale.

Quando nel 1881 conobbe al Caffe Greco l'attore e poeta Pippo Tamburri (acclamato interprete dei primi Meo Patacca e Marchese Onofrio del Grillo) fondò presso il Teatro Rossini (situato all'interno del Compendio di Santa Chiara, attuale Palazzo Santa Chiara) la Compagnia Romanesca, eleggendone a capocomico l'amico Tamburri. Fu in questo contesto artistico che Zanazzo conobbe e s'innamorò della bella Agnese Bianchini, giovane attrice che dopo poco tempo sposò.
Ancora rimangono impresse le sue parole pungenti che, anche se riferite ad un’epoca apparentemente distante, risultano tutt'oggi taglienti e attuali su certi aspetti della nostra modernità. Così come le sue famose e fortunate commedie recitate nel dialettale romanesco che incuriosirono la regina Margherita, spesso presente tra il pubblico. Abile verseggiatore, collaborò con Puccini al libretto dell'opera lirica Tosca.
Zanazzo promosse e contribuì alla riesumazione del periodico che meglio seppe interpretare l'anima di Roma,
“Il Rugantino",
che tornò ad essere un punto di riferimento della borghesia.
Mercoledi 13 dicembre 1911 Giggi a soli 51 anni morì nella sua dimora romana. Alla sua memoria è intitolata una via di Trastevere nei pressi di piazza San Cosimato e un monumento eseguito nel 1929 da Amleto Cataldi collocato all'inizio di via dei Delfini sulla parete della casa natale.