IL GIRO DELLE SETTE CHIESE  di Claudio Di Giampasquale

Un odierno modo di dire che nasce da una tradizione cristiana della Roma medievale e che riguarda il giro delle sette principali basiliche e santuari della città. Inoltre oggi, viene proposto anche come itinerario turistico lento per unire turismo e cultura.

Per i fedeli è un appuntamento da onorare in maggio, oppure in solitaria durante il triduo pasquale con inizio la sera di Giovedì Santo. Nel corso dei secoli le modalità del pellegrinaggio, hanno subito molte modifiche, le prime notizie del culto delle Sette Chiese a Roma risalgono almeno al settimo secolo ma è con l'istituzione dei Giubilei a partire dal 1300 che gli elenchi delle indulgenze indicano le sette basiliche tappa consolidando un uso che verrà ripreso da San Filippo Neri: per ribadirlo nuovamente e per conferirgli altri e nuovi significati religiosi in linea con le tendenze della Controriforma in atto.

Così Pippo il Buono rimise la Chiesa nel cuore dei Romani 


Ripercorrere oggi il cammino “inventato” da san Filippo Neri non è cosa semplice, il giovedì grasso di ogni anno, a partire dal 25 febbraio 1552, i fedeli, all’inizio pochi amici poi diverse migliaia di persone, partivano alla volta delle maggiori chiese della Città Eterna (da sx verso dx):  San Pietro, San Paolo fuori le mura, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le mura e San Sebastiano fuori le mura.

Ci volevano buone gambe e tanta fede per una vera processione di penitenti e san Filippo aveva scelto il periodo del Carnevale per preservare soprattutto i giovani dal peccato e dalle ricadute in esso. Poi l’itinerario prevedeva soste in mezzo alla natura: la Roma del Cinquecento in queste zone era una città con ampi spazi verdi o coltivati anche all’interno delle mura aureliane, contornata da vigne, orti, campagna incolta disseminata di monumenti antichi, di memorie. Quindi non una vera scampagnata, come si potrebbe pensare oggi. I luoghi toccati dai penitenti erano, e lo sono tutt’oggi, ricchi di ricordi storici, fonte di meditazione. Da sempre visitando antiche chiese e sepolcri di santi e martiri ci si sente più vicino ai tempi dei primi cristiani e diventa più facile pregare, la stessa fede si ravviva.

Il percorso univa la dimensione devozionale e penitenziale delle preghiere, dei canti religiosi con le visite alle catacombe e ai luoghi di martirio degli antichi cristiani. La grande intuizione di san Filippo Neri fu di fare della “visita” una pratica collettiva, un momento di aggregazione spirituale e di rinnovamento interiore, nel preciso momento dell’anno in cui il carnevale tendeva a spingere fuori della vita il pensiero della penitenza e della stessa vita cristiana. 

Col passare del tempo questo cammino diventò tradizione consolidata. Papa Sisto V fece del pellegrinaggio un punto di forza del suo programma di riforma della liturgia e delle devozioni romane;  il culto popolare delle Sette Chiese rappresentò nelle intenzioni del pontefice l’unità della Chiesa minacciata dalla Riforma.

Dall’inizio dell’Ottocento questa devozione fu progressivamente abbandonata, anche se non se ne è estinta la memoria, tanto che “annà pe’ le Sette Chiese” è rimasto un modo di dire popolare. Nel 1870, dopo i fatti di Porta Pia la pratica venne sospesa fino alla riapertura delle relazioni politiche fra il neonato Governo Italiano e la Santa Sede. Un nuovo risveglio vi fu poi in concomitanza con la canonizzazione di Filippo Neri nel 1922.