IL MISTERIOSO ABBANDONO DI GALERIA ANTICA di Claudio Di Giampasquale
Oltre all’aspetto suggestivo fatto di antiche rovine sopraffatte dalla natura, questo borgo spettrale è oggetto di diverse leggende popolari e nasconde una serie di misteri ancora irrisolti. Perché gli abitanti di Galeria Antica fuggirono improvvisamente nei primi anni del diciannovesimo secolo abbandonando di botto le proprie case? Che cosa accadde veramente qui?
Tra tutte le rovine della città eterna e i luoghi del Latium vetus (Lazio antico) abbandonati nei secoli, senza dubbio la città morta di Galeria merita d'essere annoverata tra i luoghi più affascinanti e misteriosi. Immersa nell’agro romano a nord della capitale le rovine di quest'antico borgo si trovano in una località nascosta fuori dalle strade di comunicazione e sorgono su uno sperone tufaceo che confina ad ovest con il fiume Arrone un corso d'acqua che nasce nella parte sud-orientale del lago di Bracciano ad Anguillara Sabazia e sfocia a Fiumicino nel mar Tirreno tra Maccarese e Fregene.
La contrafforte naturale di roccia ha una configurazione quasi cubica che costituì un'ottima difesa per gli abitanti dell'antica cittadella. In seguito all'abbandono nei primi anni del diciannovesimo secolo, la vegetazione ha preso il sopravvento su tutta l'area creando un ecosistema straordinario. L'archeologo inglese Thomas Ashby, che visitò le rovine alla fine dell'Ottocento, descrisse questo posto così:
«Uno dei luoghi più belli da visitare per coloro che amano gli angoli isolati nelle vicinanze di Roma, per via della pittoresca desolazione delle sue stradine, semiricoperte di vegetazione e il mistero dei suoi edifici sgretolati».
COME RAGGIUNGERE GALERIA ANTICA
A ovest di Veio e a sud di Cere, compresa nel territorio ceretano, punto di confluenza degli acquedotti del "Lacus Sabatinus" e del "Lacus Alsietinus", questa "città fantasma" dista circa venticinque chilometri dal centro di Roma: uno dei tragitti per raggiungerla è la via Cassia fino alla frazione di Spizzichino nei pressi della Giustiniana dove sottopassando la ferrovia per Viterbo s'imbocca la variante della via Braccianese. Si prosegue fino a Osteria Nuova dove si gira a sinistra seguendo la via di Santa Maria di Galeria una strada tranquilla, e in meno di due chilometri s'arriva all'omonimo borgo agricolo dov'è possibile parcheggiare il proprio mezzo. Si riprende la via a piedi per poche centinaia di metri fino a una stradina di campagna e imboccandola dopo qualche centinaio di metri si raggiunge un piazzale davanti a un complesso di edifici agricoli. Sulla destra un sentiero sterrato che s'immette nell'agro in leggera salita permettendo agevolmente di raggiungere le suggestive rovine di Galeria antica.
La valle dell'Arrone ha rappresentato sin dalla preistoria un luogo ideale per l'insediamento umano e animale, come testimoniano i ritrovamenti, nel basso corso del fiume, di manufatti manuali in selce dei resti di fauna del paleolitico. Il luogo dove sorge Galeria fu abitato già da epoche remotissime vista la sua posizione strategica estremamente favorevole. Le fonti biliografiche sono contraddittorie, alcuni autori attribuiscono il nome all'antica tribù dei Galeri, altre fonti fanno risalire la nascita del sito alla civiltà etrusca quando l'abitato che qui sorgeva prese il nome di "Careia". Testimoni di questo periodo sono le necropoli ed alcuni resti murari all'interno del borgo. Un cippo funerario romano trafugato pochi anni fa dai ruderi della chiesa di San Nicola, faceva riferimento alla famiglia dei “Tarconti”, nome di chiara origine etrusca, a documentare la sopravvivenza anche in epoca romana di nuclei di abitanti originari. Nel medioevo fino al diciottesimo secolo sono qui testimoniate le rovine di diversi luoghi di culto, quello più importante era l’antica chiesa arcipretale di San Nicola, dotata di battistero e sagrestia, con annesso cimitero.
la fuga improvvisa e l'incomprensibile abbandono
Nel 1809 in questa città, la gente iniziò a morire misteriosamente probabilmente a causa di un'epidemia di malaria, una malattia endenica molto diffusa nell'agro romano che ebbe un impatto devastante sulla popolazione di Galeria. Ciò che rende particolare l'abbandono è la velocità e il modo in cui gli abitanti fuggirono, lasciando dietro di sé non solo case e beni, ma anche cadaveri senza dar loro degna sepoltura, i quali, rimasero abbandonati lungo i vicoli del borgo. La tradizione popolare ci trasmette la memoria sinistra di un evento repentino e inspiegabile, strettamente localizzato nel borgo senza riguardare le campagne circostanti. L’evacuazione non fu affatto ordinata, sembrerebbe che tutto sia successo nell’arco di una sola notte, lasciando i tavoli ancora imbanditi, con tutte le suppellettili e i preziosi attrezzi agricoli al loro posto. Come se improvvisamente fosse accaduto qualcosa d'infernale, terribile, inenarrabile. Nessuno si prenderà cura, nei giorni, nei mesi e negli anni successivi, di tornare a prendere le proprie cose. Un documento ecclesiastico racconta che ci vorrà più di mezzo secolo perché alcuni fuggiaschi trovino il coraggio per tornare, e lo faranno soltanto per pochi giorni, per l’adempimento del voto di ritrovare la loro identità originaria nonché per provvedere allo spoglio di marmi e pietre da costruzione con cui fortificheranno il nuovo borgo di Santa Maria in Celsano (oggi Santa Maria di Galeria).
leggende di fantasmi e il mistero d'un terribile avvenimento
Voci di popolo ci trasmettono anche le leggende di due fantasmi che nelle notti di luna piena ancora oggi vagano disperati tra le antiche rovine di Galeria. La prima narra la storia di due giovani innamorati, lei una ragazza bellissima appassionata di poesia e letteratura latina, lui altrattanto bello e aitante con la fama di rubare il cuore di qualsiasi donna, ma aveva anche una reputazione da mantenere, perciò infiammato dalla passione per questa fanciulla, decise di sposarla. Ma non fece in tempo, in quella funesta e misteriosa estate del 1809 quando l’epidemia sconvolse la vita del borgo, travolse anche i due innamorati, lei improvvisamente morì, lui invece ebbe la sfortuna di sopravviverle. Vedendola senza vita il giovane rimase sconvolto dal dolore, bloccato al capezzale del corpo inerme del suo amore non si rese conto del fuggi fuggi generale. Incapace di capire cosa stesse accadendo, rimase lì imbambolato, finché l’indomani scoprì d'essere l’unico essere umano rimasto a Galeria, lui e il suo cavallo bianco. Ma non gliene importò nulla preferì rimanere lì, in primis per dare una degna sepoltura alla sua amata e poi per starle vicino per il resto dei suoi giorni. La leggenda popolare prosegue nel racconto narrando che volle morire accanto alla sepoltura di lei, e che il suo spirito disperato nelle notti di plenilunio continui ancora oggi a passeggiare a cavallo tra i vicoli deserti.
Anche la seconda leggenda popolare racconta di un giovane innamorato, si tratta del brigante Spadolino il regista Mario Monicelli ne trarrà l’ispirazione per il personaggio di don Bastiano nel film "Il Marchese del Grillo". Profondamente religioso, Spadolino conobbe una donna di origine turca e, intenzionato a sposarla, la convertì al cristianesimo. Purtroppo però l’autorità ecclesiastica vietò quelle nozze. Spadolino per la rabbia si diede al brigantaggio fuggendo con lei nelle boscaglie. Divenne capo di una banda composta in gran parte da donne e di conseguenza fu ricercato dallo Stato Pontificio per essere giustiziato. Tutt'oggi è ricordato come una delle ultime “figure romantiche” del brigantaggio romano. Braccato per ordine del Papa dalle truppe napoleoniche, sembra che Spadolino e la sua banda trovarono rifugio proprio nella città di Galeria appena abbandonata. Fu tradito e catturato, Spadolino venne ghigliottinato all'alba del 10 marzo 1812 a piazza dei Cerchi nei pressi del Velabro. Si racconta che il brigante abbia affrontato la morte con spavalderia, impartendo lui stesso l’ordine al boia di calare la mannaia. Di quell’episodio rimane un’incisione ad acquaforte di Bartolomeo Pinelli. Si narra che anche il fantasma del brigante Spadolino nelle notti di luna piena vaghi senza testa per i vicoli della città morta.
Ma c'è un terzo mistero che avvolge Galeria antica: in quella spaventosa notte del 1809 gli abitanti superstiti fuggirono a circa un chilometro di distanza, fondando un nuovo borgo dedicandolo alla Madonna chiamandolo "Santa Maria di Galeria Nuova". Perché mai dunque, se la causa dell’abbandono fu un’epidemia, questo successivo luogo ove decisero di rifarsi una vita si trova a un tiro di schioppo dalla presunta zona infetta? Non si conosce la risposta. Chissà cosa successe veramente...
"A ghost town" Video realizzato Silvio Sbrana avvalendosi anche di un Parrot ANAFI 4 rotori, musica di Borrtex Creation