L'ANTICA BISCOTTERIA GENTILINI di Claudio Di Giampasquale
Pietro Gentilini, emigrato a Roma da Vergato un piccolo paese sull’appennino tosco-emiliano distante quaranta chilometri da Bologna, diede vita a una piccola azienda che oggi rappresenta un simbolo del made in Italy, divenuta nel tempo un fiore all'occhiello del sistema produttivo romano, laziale e nazionale. La biscotteria Gentilini è riuscita a proteggere ricette ancora oggi segrete che fanno dei suoi prodotti da forno dei veri capolavori di sapore. E poi le caratteristiche confezioni artistiche che nei decenni sono divenute veri e propri oggetti da collezione. È un meraviglioso romanzo che rende orgogliosa Roma. Che unisce tradizione, passione e perchè no anche un pizzico di giusta e meritata fortuna. Un racconto che cavalca anche l’evoluzione sociale e culturale della città eterna nel corso di quasi un secolo e mezzo di storia. Da tre generazioni l'azienda è guidata dalla famiglia Gentilini con la stessa passione e gli stessi valori di sempre.

LUNGIMIRANZA, ambizioni E INTUITO DEL GIOVANE PIETRO
Dopo aver iniziato come garzone a Bologna e a Firenze, Pietro Gentilini per apprendere un mestiere concreto, emigrò per un breve periodo prima a Buenos Aires e poi a Londra dove trovò lavoro in diversi laboratori di pasticceria e se ne appassionò. Accumulò un bagaglio di esperienze e competenze preziose. Tali capacità gli tornarono utili quando decise di ritornare in patria per realizzare il suo sogno. Il giovane emiliano era intraprendente e lungimirante, le esperienze all'estero avevano aperto non poco la sua mente. Con coraggio e senza indugi decise di realizzera il suo "desiderio di diventare imprenditore nella città eterna". Era il 1890, Roma divenuta capitale del Regno da non molti anni era anche ascesa al ruolo di «capitale dei consumi». Per iniziare la scalata verso la sua meta, ottimizzò al meglio le misurate risorse a disposizione e utilizzò i risparmi accumulati per aprire il suo primo forno di produzione di biscotti all'Esquilino uno dei rioni simbolo della città, nei pressi della basilica di Santa Maria Maggiore. All'epoca i locali situati nei rioni popolari centrali erano ancora accessibili economicamente, soprattutto per gli intraprendenti e coraggiosi giovani di provincia come lui che volevano costruirsi un futuro.
Pietro aveva imparato che "sono le sfumature e i dettagli che fanno la differenza". Nella capitale del Regno Unito prolifervano le sale da tè, che erano in genere locali di piccole dimensioni dall'atmosfera tranquilla e raccolta, rivolte prevalentemente a un pubblico femminile. Ma anche tantissimi uomini d'affari le prediligevano per conversare con discrezione grazie all'atmosfera tranquilla e raccolta. Quelle tea-room anglosassoni affascinarono non poco il curiosissimo Pietro Gentilini, in particolar modo perché lì venivano serviti oltre al tè anche varie tipologie di biscotti. Ce n'era uno che lo colpì più di tutti: era il «biscotto oswego» prodotto nelle pasticcerie artigianali inglesi dal '700 e che acompagnava una delle bevande piu in auge l'«oswego tea» che in realtà si chiamava tè ma non lo era, ovvero si otteneva da una pianta chiamata «monarda» di origine americana. Ad accompagnarla, appunto c'erano i delizioni «oswego biscuits» e Pietro, insieme a tante altre ricette scritte di suo pugno in un prezioso diario, aveva riportato con sè in Italia anche quella degli oswego. Come detto, il giovane emiliano era un uomo molto intelligente e acuto, grazie al suo intuito e alla sua capacità di adattare le ricette ai gusti nostrani, riuscì a perfezionarli rendendoli davvero speciali per il pubblico romano. Per distinguersi dalla concorrenza e dai molti oswego in commercio, decise di sostituire la doppia vu con la vu normale e li chiamò «osvego» creando così un nome unico e riconoscibile (biscotti composti da ingradienti ancora oggi segreti dei quali certamente uno di essi è il miele). E soprattutto modificò e armonizzò ar palato dé noiantri il calibro degli ingredienti, naturalmente eliminando il burro tanto amato nella biscotteria oltremanica. Fu uno dei primi esempi di come la creatività italiana e l’attenzione alle esigenze del mercato possano fare la differenza.
Grazie a una serie di ricerche, applicazioni e prove degli "equilibri delle componenti dolciarie" nacque il suo primo campionario di biscotti: pochi tipi, meticolosamente selezionati, perfetti nel sapore. Dopo pochi anni la biscotteria Gentilini all'Esquilino entrò nel cuore e nelle abitudini dei romani che vi accorrevano a frotte per accaparrarsi i prelibati prodotti sfornati dallo stesso Pietro e dai suoi primi collaboratori. I più prestigiosi caffè della capitale si vantavano di proporli, promuovendone il prezioso nome.
DA PICCOLO LABORATORIO A FABBRICA
A sx la fabbrica Gentilini in via Novara angolo via Alessandria nella zona attigua a Porta Pia. A dx un caffè in piazza Colonna pubblicizza in buona vista il nome dell'azienda
Il vero momento di svolta arrivò nel 1906, quando Pietro aprì il suo primo stabilimento in via Novara, vicino a Porta Pia, segnando il passaggio dall’artigianato all’industria vera e propria. La fabbrica era considerata all’avanguardia a Roma, grazie a un grande forno dotato di motore a gas da 4 cavalli e a un team di 10 operai. Il nome Gentilini divenne sinonimo di biscotti di alta qualità a un prezzo accessibile per tutte le classi sociali. La genialità fu di proporli ai clienti sia sfusi che confezionati e questo li rese accessibili a tutti. I suoi biscotti divennero graditi protagonisti nelle colazioni sia sulle tavole dei rioni popolari che in occasione delle merende nei salotti della Roma borghese e nobiliare, nonché nei tavolini dei caffè letterari. Il successo arrise alla fabbrica in via Novara e Gentilini divenne "un nome" al punto tale che nel 1911 Pietro venne insignito della nomina di Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia, riconoscimento per chi si distingueva in opere che fossero motivo di vanto della nazione.

Venne la fase di crescita in cui Pietro capì l'importanza di realizzare un simbolo che contraddistinguesse i suoi dolci e la sua filosofia aziendale. Roma, l'Italia e il mondo erano alla soglia della prima grande guerra. Aveva capito che attraverso "un elemento distinivo" i biscotti Gentilini avrebbero potuto comunicare il suo messaggio in modo chiaro e diretto, creando una connessione emotiva tra sè stesso e i suoi clienti. Capì oltre un secolo fa che sborsare importanti risorse economiche per far conoscere il proprio
«marchio»
sarebbe stato un enorme investimento. E così scelse il nome:
«Treno Gentilini»
che divenne un simbolo potente che sin da subito conferì ai suoi prodotti un fascino cosmopolita, richiamando le capitali europee e creando un’immagine di progresso.
Sempre in questo periodo vennero prodotti una maggiore varietà di biscotti: ben trentaquattro tipologie, cui si aggiunsero i dolci tipici delle festività, come il panettone, il torrone, il dolce di Pasqua e la specialità locale denominata Delizia romana. Le prime campagne pubblicitarie divulgarono il nuovo caratteristico marchio il cui logo consisteva in una locomotiva a vapore su un binario fatta di biscotti e un paio di vagoni che erano scatole piene di prodotti Gentilini. Nel 1922 la ditta investì non poco in manifeste inserzioni su «il Piccolo» «Il Messaggero» e «il Giornale d’Italia». L'ex ragazzo sognatore di Vergato divenuto imprenditore di successo aveva capito l'importanza della stigmatizzazione dell'immagine aziendale e della necessità di far incontrare i suoi prodotti a una fascia più ampia possibile di consumatori. Capì inoltre l'importanza di offrire un'immagine che stimolasse il piacere di acquistarli, di possederli e perchè no? Di donarli agli amici e alle persone care. Insomma aveva compreso l'importanza del valore della confezione. Le bellissime scatole artistiche contenenti i biscotti Gentilini divennero così oggetto di culto nonché di prestigio e nel tempo preziosi oggetti da collezionare, comunque un'eccellente portaoggetti da conservare: nella città eterna, è probabile che i ricordi dell'infanzia di molti romani comprendano anche una latta di biscotti Gentilini.
Divennero un "cult" ossia non solo squisiti biscotti ma anche prodotto culturale che dagli anni '20 (ai giorni nostri) acquisì valore simbolico grazie al grande successo e al carattere di esemplarità dell'azienda produttrice, di conseguenza considerati e apprezzati anche nelle più importanti esposizioni dell’epoca come l'Esposizione nazionale dei prodotti alimentari a Roma dove ricevettero la medaglia d’oro il massimo riconoscimento. Nel 1923 la Gentilini ottenne il gran premio alla Mostra romana dell’agricoltura, dell’industria e dell’arte applicata tenutasi nei giardini di Villa Umberto I a Porta Pinciana. Ancora, nel 1929, alla Fiera campionaria di Tripoli, ricevettero lo stesso prestigioso riconoscimento (che stimolò all'estro del cavalier Pietro l'invenzione dei mitici biscotti "Tripolini" che divennero uno dei cavalli di battaglia della biscotteria).
I prodotti Gentilini conquistarono anche il pubblico popolare perchè venivano venduti sfusi, ancora caldi, per cui più accessibili economicamente. Dopo una breve pausa durante il secondo conflitto mondiale, l’attività riprese con grande slancio negli anni ’50, un periodo in cui l’Italia era pronta a concedersi un po’ più di dolcezza, anche a colazione. Per molti romani d'una certa età, sono belli i ricordi di come questi biscotti, il loro sapore e il loro profumo siano stati un simbolo di momenti di convivialità, di speranza per il futuro e di rinascita.
l'azienda gentilini dagli anni del boom al giorno d'oggi
Dopo la scomparsa di Pietro, il figlio Ettore e i suoi fratelli e sorelle hanno affrontato il difficile compito di ricostruire l'azienda di famiglia che era stata requisita dagli alleati al termine del secondo conflitto bellico. Ettore, nonostante le difficoltà del dopoguerra, riuscì a riorganizzare tutto in breve tempo, e grazie alla sua gestione la domanda di biscotti Gentilini tornò imperiosa e crebbe così tanto che nel 1958 fu inaugurato un nuovo stabilimento tra via Affile e via Tiburtina, ancora oggi sede della fabbrica. Agli albori degli anni '60 la Gentilini ricevette il prestigioso Premio per la fedeltà al lavoro e per il progresso economico, riconoscimento che sottolineò il suo contributo alla crescita dell’economia italiana. Ettore gestì l’azienda fino al 1986, concentrandosi sugli aspetti tecnici e sulla capacità produttiva.
Poi è arrivato il figlio Paolo, attuale presidente e amministratore delegato, che ha avuto il compito di trasformare l’azienda da realtà familiare a impresa moderna. Sotto la sua guida, Gentilini ha rafforzato la propria identità, rinnovandosi in tutti i settori, senza perdere l’anima artigianale, la qualità, la passione delle maestranze, e l’eleganza delle confezioni.