L' INGIUSTIZIA DI PALAZZO GIUSTINIANI di Claudio Di Giampasquale

Domenica 21 Aprile 1901 giorno di ricorrenza del Natale di Roma, l’allora sindaco della città Ernesto Nathan, repubblicano nella linea di Mazzini e Saffi, d’orientamento filosofico cosmopolita, religiosamente laico e anticlericale, innaugurò la sede del GOI (Grande Oriente d’Italia) a Palazzo Giustiniani in via della Dogana Vecchia, nel rione Sant'Eustachio. L’istituzione massonica, tre anni addietro, aveva preso in affitto l’intera residenza nobiliare consistente in 7 piani e 405 vani. Il contratto di locazione venne stipulato con la famiglia Grazioli che ne era divenuta proprietaria nel 1859 all'estinguersi del ramo principale della famiglia Giustiniani.

La massoneria in Italia aveva avuto un ruolo importante nel Risorgimento così come nel consolidamento dello stato unitario d’Italia. Il 16 febbraio 1911, dopo una lunga trattativa, il Grande Oriente d'Italia acquistò Palazzo Giustiniani al prezzo di un milione cinquantacinquemila lire e a questo fine venne costituita la Società Urbs nel cui cda figuravano l’allora Gran Maestro Ettore Ferrari, succeduto a Nathan.

Il 27 Novembre 1925, solo dopo pochi anni dalla stipula dell’atto d’acquisto di Palazzo Giustiniani, la Camera dei deputati del governo Mussolini promulgò la legge n. 2029 che mise di fatto al bando la libera muratoria, cioè: il fascismo metteva al bando la massoneria.

Mercoledi 4 novembre del 1925 il Governo, attribuendo al Grande Oriente d’Italia un progetto di attentato a Benito Mussolini, fece diramare un lungo comunicato nel quale si leggeva, fra l’altro: «In seguito alle risultanze dei primi accertamenti sono state date disposizioni ai Prefetti del Regno per l’immediata occupazione di tutte le logge massoniche dipendenti da Palazzo Giustiniani». Il giorno successivo, il 5 novembre 1925, il palazzo nobiliare in Sant'Eustachio venne occupato dai fascisti.

Dopo poco tempo l’avvocato Domizio Torrigiani legale rappresentante pro tempore dell’Urbs e, al contempo gran maestro del Grande Oriente d’Italia, fu arrestato dal regime, tradotto presso il carcere di Regina Coeli e successivamente inviato al confino dapprima a Lipari, poi a Ponza. Torrigiani aveva svolto un ruolo importante nella divulgazione dei memoriali che occultavano le responsabilità del regime fascista nel delitto Matteotti.

Quando la Massoneria italiana fu accusata di anteporre gli interessi stranieri a quelli italiani, l’avvocato Torrigiani rispose inviando direttamente a Benito Mussolini una protesta formale in rappresentanza del Grande Oriente d'Italia, nella quale lamentava le devastazioni fasciste ai danni delle logge massoniche, rivendicando al proprio ordine il merito di propugnare idee di libertà, giustizia e indipendenza. La risposta del duce fu l’arresto e la deportazione dell'avvocato toscano a capo del GOI.

Le misure di sicurezza adottate nei confronti del Grande Maestro furono particolarmente dure e intense, con vigilanza diurna e notturna e scorta raddoppiata con pattuglie militari a vigilanza della sua abitazione, nonché un servizio di pattugliamento marino al fine di evitare qualsiasi tipo di fuga.

Ma torniamo al sontuoso palazzo nobiliare in via della Dogana: di lì a poco fu emanato il regio decreto-legge n. 2192 del 22 novembre 1925, con il quale fu prevista la facoltà del Governo di dichiarare la nullità degli atti di compravendita degli immobili di valore storico e artistico nazionale oggetto di tutela e con il decreto del 20 gennaio 1926 del Ministro della Pubblica Istruzione fu esercitato il diritto di prelazione per un nuovo acquisto da parte del Governo su Palazzo Giustiniani, nonostante l'opposizione della società Urbs. Quindi passato allo Stato, il duce aderì alla richiesta dell’allora Presidente del Senato del Regno Tommaso Tittoni e concesse l’utilizzo di palazzo Giustiniani al Senato del Regno d'Italia.

Caduto il regime, il Grande Oriente d’Italia rivendicò, senza esito, la proprietà dell'immobile, mantenuto anche dalla neonata Repubblica sede degli uffici del Senato. Il GOI attraverso la società Urbs cercò in tutti i modi di far istituire un nuovo giudizio civile per ottenere la restituzione del bene immobile, ma perse tutti e tre i gradi di giudizio, da ultimo quello della Corte di cassazione con la sentenza del 23 marzo 1950.  Recentemente però, la Cassazione ha annullato la sentenza del Consiglio di Stato che aveva sancito la giurisdizione del giudice ordinario sulla questione, e a giudicare dovrà quindi essere il Tar.

E così il Grande Oriente d'Italia, trasferitosi presso la seicentesca villa 'Il Vascello’ sul colle del Gianicolo, procede le sue battaglie legali, il cui appunto, il più recente atto è stato quando la Corte Suprema di Cassazione ha messo un punto fermo che sembra formale, ma che lascia intravedere la risoluzione della faccenda anche nel merito. Annulla infatti la sentenza del Consiglio di Stato che affermava la giurisdizione del Giudice Ordinario sulla materia. Tradotto: secondo la Cassazione, a occuparsi della questione deve essere il Tar, non il Tribunale