LA CATASTROFE DI VIA DEL TRITONE E VIA ZUCCHELLI di Claudio Di Giampasquale
All'alba di giovedi 9 gennaio 1913 un muro perimetrale che sosteneva un terrapieno tra via Zucchelli e via del Tritone cedette improvvisamente. Confinava con il Museo artistico Industriale ed il Convento delle Suore Carmelitane scalze. L'enorme smottamento provocò il crollo del palazzo adiacente situato al civico 87 di via del Tritone. Fu una tragedia immane.
All'inizio del secondo decennio del Novecento, Roma venne scossa da un terribile disastro che abbattè completamente tre piani di una palazzina situata a pochi passi dalla Fontana di Trevi. La tragedia provocò dodici vittime e decine di feriti. Avvenne esattamente alle ore 4:25. A quell'ora le strade erano completamente deserte e silenziose o quasi, giravano soltanto a passo spedito qualche romano antelucano, oppure qualche nottambulo ritardatario, poichè quella mattina tre giorni dopo l'Epifania era freddissima e piovosa. Nel circondario era aperto solo il piccolo caffè notturno in via Due Macelli di fronte alla redazione del quotidiano "Il Popolo Romano" all'epoca diretto dal giornalista Costanzo Chauvet (questo giornale cesserà le pubblicazioni nel 1922, in concomitanza con la "marcia su Roma" e l'instaurazione del regime fascista).
All'inizio si resero conto dell'accaduto solo gli assidui frequentatori di quel piccolo ristoro della notte, calda oasi nel gelo della luce spettrale dei lampioni tra via del Tritone e piazza di Spagna. Nell'udire un boato assordante squarciare il silenzio di quel crepuscolo mattutino, si chiesero atterriti guardandosi nel volto l'un l'altro cosa fosse accaduto. Pensarono a un terremoto.
I primi a muoversi in direzione dell'immane frastuono dapprima s'affacciarono sul marciapiede all'angolo tra Due Macelli e il Tritone di fronte al Traforo guardando su verso degli 'Horti Sallustiani'. Risalirono atterriti verso piazza Barberini. Erano in corso a quei tempi le demolizioni sulla quale sarebbero stati edificati gli eleganti palazzi della via del Tritone di oggi.
Sulla sinistra all'altezza dell'incrocio con via Zucchelli videro con orrore il disastro. Si resero conto cos'era accaduto. Tutta la parte interna del palazzo che sorgeva al civico 87 era venuta giù. Era un palazzo situato poco più su del prestigioso Select Hotel (oggi sede de
"Il Messaggero"), sul marciapiede opposto. Da metà in su l'edificio non c'era più, crollato trascinando in una spaventosa montagna di detriti e macerie anche persone sorprese nel sonno, interi arredamenti, suppellettili e masserizie.
Accorsero altre persone a largo Due Macelli (oggi largo del Tritone) avvicinandosi con cautela, tutti videro sbigottiti, senza fiato, nel chiaroscuro spettrale dei lampioni, il mostro dell'enorme nembo di polvere che i calcinacci avevano provocato.
Nel sentore del terribile disastro, vennero immediatamente avvertite dal telefono dell'hotel tutte le autorità di soccorso possibili all'epoca (il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nella sua forma attuale, sarà istituito ufficialmente tra ventisei anni il 27 febbraio 1939) chiedendo un immediato intervento.
Raggiunsero nel più breve tempo possibile il posto del crollo, il disastro si prospettò ai soccorritori con orrore in tutta la sua tragica interezza. Aveva ceduto il vasto muro che circondava da un lato il Museo artistico Industriale e dall'altro il Convento delle Suore Carmelitane scalze, completamente distrutto aveva travolto nella caduta col relativo terrapieno che spingeva, tutta l'ala interna del palazzo che corrispondeva al civico 87 di via del Tritone all'angolo in basso della salita di via Zucchelli (ex vicolo dé Zucchelli) che tutt'oggi sfocia in alto su via Sistina.
Tra i cumuli di macerie s'udivano, strazianti, i gemiti confusi e deboli e le grida invocanti aiuto delle persone rimaste travolte. Le torce rivolte in alto proiettavano tutt'intorno fasci di luce che rivelavano una realtà orribile. S'udivano grida confuse, urla di spasimo imploranti aiuto. Gli appartamenti rimasti intatti, tutti quelli situati sulla facciata esterna sul Tritone e Zucchelli, erano squarciati. Diverse donne, uomini e ragazzi s'affacciavano sui ballatoi in bilico, sorpresi seminudi da un infauso destino, in preda al più pazzo terrore. I fari militari dei soccorritori proiettavano fasci più grandi di luci sinistre che mostravano in alto e a mezza altezza l'intimità di interi appartamenti squarciati e la piramide enorme di detriti e cose crollate che seppelliva le povere vittime passate di colpo dal sonno alla morte o alla sofferenza più atroce.
Nel frattempo iniziò ad albeggiare e le prime luci mattutine di quel terribile giovedi 9 gennaio 1913 mostrarono chiaramente l'immensità del disastro. L'opera di soccorso proseguì alacremente, operatori, vigili, militari, poliziotti, e tantissime persone civili provenienti da ogni dove, s'adoperarono senza sosta nella rimozione delle macerie per estrarre i corpi sepolti. Quelli che erano ancora in vita vennero immediatamente trasportati dalle prime "Tipo 2" in dotazione dell'esercito regio e dai carri ambulanza al vicino ospedale San Giacomo.
Alle sei accorse anche il sindaco Ernesto Nathan per dar conforto ai sopravvissuti al disastro e rendere omaggio alle vittime. Rimase sul posto fino al tardo pomeriggio di quell'infausto giorno cercando di collaborare concretamente in tutti i modi con i soccorritori. Alle tredici e trenta del pomeriggio, venne estratto il corpo dell'ultima vittima, era quello del venticinquenne Enrico Deidda un ragazzo di Cagliari impiegato nell'ufficio postale di piazza San Silvestro. Poco prima, miracolosamente, anche l'intera famiglia del portinaio Pasquale Forlani (lui, sua moglie e le due figlie) venne salvata e accompagnata al San Giacomo, così come i due giovani sposi, Paolina e Umberto Felici, fortunatamente vivi dalle macerie. Insomma, il pronto ed eroico intervento di centinaia di soccorritori e di generosi cittadini romani contribui al salvataggio di tante persone. Purtroppo furono ben dodici le vittime e ci furono decine di feriti più o meno gravi.