LA PUNGENTE CAUSTICITÀ DELL'IMMENSO FUNARI di Claudio Di Giampasquale
Gianfranco nacque lunedi 21 marzo 1932 in una famiglia agiata, suo bisnonno nella seconda metà dell'Ottocento era il cocchiere ufficiale del pontefice Pio IX. Purtroppo le sue stalle che stavano sotto il Monte dei Cocci a Testaccio, il 28 dicembre1870 vennero inondate dall'acqua del Tevere straripato di oltre diciassette metri da sotto l'Aventino inondando tutto il cuore di Roma e i rioni circostanti, compreso Testaccio: tutti i cavalli morirono affogati e tutte le sue carrozze vennero distrutte dalla furia dell'acqua. La famiglia Funari si ridusse così di colpo in povertà. Suo padre divenne un umile tipografo, di idee socialiste e si sposò poco più che ventenne con la giovane Laura. Diedero un solo fratello a Gianfranco, di qualche anno più giovane, i due crebbero serenamente in via Famagosta a due passi dal Vaticano nel rione Prati. Fino agli anni del dopoguerra, quando Gianfranco decise d'andar via.
Sin da giovane viaggiò tantissimo nel nord Italia e all'estero, per lavoro e per passione. Fece molti lavori, di vari tipi. Si occupò di commercio, studiò recitazione, addirittura ebbe una breve carriera nel pugilato, durata solo tre incontri, tutti vinti.
Era ambizioso, amava il benessere, grazie alla sua sensibilità e alla sua intelligenza col tempo divenne un vero "uomo di mondo": nell'esperienza, nell'accurata eleganza nel vestire e nel suo particolare modo di essere. Amava le automobil, quando ebbe successo, nel corso degli anni ne acquistò diverse, tra cui, quando scelse di vivere in Riviera (ligure) una Bentley, con tanto di autista.
La sua romanità verace gli è sempre rimasta scolpita nel dna, sia nella vita che nella carriera ove la marcata parlata romanesca ha caratterizzato ogni sua performance (qualche volta, nell'enfasi della passione, tirando fuori simpatici "strafalcioni" e storpiature di parole"). Era un personaggio "scomodo", amato o detestato, proprio come la sua città che era orgoglioso di rappresentare ovunque fosse. Anche quando scelse di risiedere nel nord Italia "lontano dar cuppolone".
Divenne un famoso giornalista e conduttore televisivo. La sua abilità fu in ogni occasione di fermarsi sulla soglia del suo sapere per lasciar spazio a quello dell`altro. Dimostrò nei fatti di avere un fiuto infallibile. Al pari di Maurizio Costanzo, ma con un differente modo di proporsi (e di conseguenza di essere apprezzato o detestato anche dai "datori di lavoro" e da qualche "potente"), anticipò i tempi dell'intrattenimento televisivo di almeno vent'anni. I suoi programmi avevano un'audience altissima. Alla sua epoca capì tutti i rituali della tv generalista e cosa voleva il pubblico. In più, a differenza di altri conduttori, sapeva perfettamente quando bisogna comportarsi da "ignorante" e quando "rispettare l`altrui pensiero". Analizzava la società e la politica italiana con uno sguardo critico e spesso sarcastico. Fu noto per le sue osservazioni spesso audaci e provocatorie. Era schietto e non aveva peli sulla lingua, forse per questo poco comodo: a non pochi dava fastidio.
Ci lasciò nell'estate del 2008 all'alba di sabato 12 luglio, era ricoverato nell'ospedale San Raffaele di Milano a causa di gravissime complicazioni polmonari, aveva settantasei anni.
Le opinioni caustiche di Gianfranco Funari potrebbero risuonare attualissime anche oggi, è impressionante come riascoltarlo a distanza di quasi un quarto di secolo, possa sembrare così contingente alle problematiche della società moderna. Amava spesso paragonare i tempi della sua giovinezza a quelli di inizio terzo millennio, uno delle sue frasi ricorrenti era: «se viveva mejo quanno se stava peggio». In questo video, un suo programma in onda su Odeon TV tre anni prima che se ne andasse.