LA STRAZIANTE MORTE DI MARIO RIVA di Claudio Di Giampasquale
Era l'estate del 1960, erano i primi anni della televisione italiana, nata circa sei anni addietro nel 1954 ed affermatasi con il "Lascia e raddoppia" di Mike Bongiorno che fece scoprire agli italiani il mezzo, portandolo frequentemente nelle loro case. C'erano anche Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello con il loro varietà televisivo "Uno, due, tre" che segnò l'inizio della loro celebre coppia comica e fu uno dei primi varietà della televisione italiana, caratterizzato da sketch e parodie, ma che fu interrotto bruscamente dalla censura nel 1959 a causa d'una battuta che coinvolse il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Ma soprattutto, in quel 1960 c'era Mario Riva col suo "Il Musichiere" iniziato da circa due anni e mezzo, nel dicembre 1957.
Romano dé Roma il mitico Marione il cui vero nome era Mario Bonavolontà aveva in quel 1960, otto mesi prima, compiuto quarantasette anni ed era all'apice del successo. Per ben novanta puntate, ogni sabato sera col suo "Il Musichiere" era entrato con dirompente simpatia nelle case degli italiani. Ormai era "uno di famiglia" in particolar modo col brano che egli stesso ogni volta cantava nella sigla finale della trasmissione. S'intitolava "Domenica è sempre domenica" ed era era divenuto un cult, nonché l'inno nazionale di un'Italia in pieno boom economico. Era un pezzo semplice, leggero, pregno d'ottimismo che parlava di campane romane che annunciavano la festa domenicale, un motivo che Mario annunciava e cantava così:
La straordinaria carriera
Nacque a Roma nel 1913, figlio del compositore Giuseppe Bonavolontà e di Teresa Chinzarivero. Divenne attore comico giovanissimo. Negli anni Quaranta esordì con spettacoli per i soldati italiani. Nell'immediato dopoguerra passò all'avanspettacolo e subito dopo, per tutti gli anni Cinquanta, nella rivista e nella commedia musicale. Nella sua professione collaborò con molti straordinari artisti divenuti pietre miliari dello spettacolo italiano, con i quali dette vita ad una lunga stagione di spettacoli al Teatro Valle di Roma, si trattava di Totò, Anna Magnani, Paola Borboni ed altri. Poi, Mario visse il periodo napoletano, con la Compagnia di Peppino De Filippo, a fianco di Beniamino e Pupella Maggio. Molte le firme prestigiose per i suoi spettacoli: Marcello Marchesi, Metz, Age, Scarpelli, Dino Verde, fino all'incontro definitivo con i due più grandi autori della commedia musicale, Garinei e Giovannini. Nel 1947 conobbe l'attrice romana Diana Dei, dalla quale ebbe il figlio Antonello (che divenne uno chef raffinato e uomo di spettacolo, morì a sessantanove anni nel 2020). Nel 1948, al teatro Colle Oppio di Roma, Mario Riva incontrò Riccardo Billi, altro attore comico, con il quale costituì una delle prime
"coppie esilaranti" dell'epoca dando così il via a un modello seguito poi da Totò e Peppino, Tognazzi e Vianello, Franco e Ciccio, Ric e Gian, Cochi e Renato, eccetera. Sotto la guida di Garinei e Giovannini, Riva e Billi conobbero una fortunatissima stagione di commedia musicale con titoli di grande richiamo: 'La bisarca' (1950), 'Alta tensione' (1951), 'I fanatici' (1952), 'Caccia al tesoro' (1953), 'Siamo tutti dottori' (1954), 'La granduchessa e i camerieri' (1955), 'Gli italiani sono fatti così' (1956).
Spettacoli nei quali collaborarono artisti del calibro di Wanda Osiris, Gino Bramieri, il quartetto Cetra, due giovanissimi talenti come Nino Manfredi e Paolo Ferrari. Il tutto spesso accompagnato dalle musiche delle orchestre di Armando Trovajoli e Lelio Luttazzi. Al cinema Riva ebbe al suo attivo oltre quaranta film, sia come protagonista sia come 'guest star' assieme a Totò, Peppino De Filippo, Alberto Sordi, Walter Chiari e Aldo Fabrizi. Tra le pellicole: 'Accadde al commissariato' (1954), 'Accadde al penitenziario' (1955), 'Arrivano i dollari' (1956), 'Ladro lui, ladra lei' (1957), 'Toto Peppino e le fanatiche' (1958), 'Il Vigile' (1960). Ma fu soprattutto
'Il Musichiere' (tratto da Garinei e Giovannini dal format Usa
'Name that tune') a dargli successo.
il successo de
"il musichiere"
Nella sostanza non era altro che un gioco tra concorrenti, nell'ambito d'una trasmissione che divenne famosa anche per i grandi ospiti introdotti dal caratteristico annuncio:
«niente po’ po’ di meno che...»
tra i tanti vi furono non poche stelle internazionali e nazionali tra le quali Gary Cooper, Jack Palance, Louis Armstrong, Josephine Baker, Nat King Cole, Jane Mansfield, Perry Como, Jane Russell, Vittorio De Sica, Totò, Paolo Panelli, Nino Manfredi, Anita Ekberg, Mario Soldati, Fausto Coppi, Gino Bartali, Alberto Sordi, Anna Magnani, Toti Dal Monte,eccetera, eccetera. Il meccanismo del gioco era molto semplice, nella prima fase due concorrenti, una coppia alla volta, seduti su due sedie a dondolo e con indosso un paio di scarpe da tennis aspettavano che l’orchestra diretta dal maestro Gorni Kramer e una coppia di cantanti (Nuccia Bongiovanni e Johnny Dorelli sostituito poi da Paolo Bacilieri) accennassero al motivo di una canzone. Se i contendenti lo riconoscevano dovevano correre velocemente verso una campanella, suonarla e dire il titolo esatto del motivo. Per ogni canzone indovinata si guadagnava un punto che Mario Riva segnava su un'apposito pallottoliere. Se alla fine della prima fase il vincitore indovinava anche il motivo misterioso, abilmente nascosto dal cigolio di una saracinesca, intascava i soldi custoditi in una cassaforte e s'assicurava anche il diritto di tornare a gareggiare il sabato successivo. Alla fine d'ogni puntata ogni concorrente riceveva in dono un fantoccio di pezza dal ciuffo arancione, "Il Musichiere"
appunto, che faceva felici tutti, anche i perdenti. A testimoniare il grande successo della trasmissione ci furono anche un gioco da tavolo, un festival musicale e una rivista pubblicata dalla Mondadori. Il programma si chiuse nel corso della terza stagione, perchè Mario Riva morì tragicamente il 1 settembre del 1960. Aveva quarantasette anni.
il racconto dell'incredibile fine
Al culmine del successo il destino preparò per Mario un tragico epilogo. La sera di domenica 21 agosto del 1960 mentre stava predisponendo all'interno dell'Arena di Verona le prove del
Festival de "Il Musichiere"
che si sarebbe tenuto poco dopo, successe l'inimmaginabile. Purtroppo, alcuni caroselli delle giostrine (lasciati lì dallo spettacolo precedente), avevano degli specchietti che riflettevano luci dando fastidio alle telecamere, come si dice in gergo "sparavano in macchina", vennero quindi tolti con grande rapidità dal personale della Rai che stava allestendo velocemente le scenografie sul palco, come si faceva solitamente allora a ridosso delle dirette. C'era molta frenesia prima d'andare in onda nazionale. Le due giostrine da togliere di mezzo erano montate su un "praticabile" di legno (ossia una struttura rialzata, componibile da riutilizzare come base del calpestio dell'imminente festival). Quando furono tolte, rimasero due buchi che per far presto furono stoltamente coperti da teli di iuta. Quella puntata speciale de "Il Musichiere"
iniziava con la performance di Mario Riva che doveva salire su una fila di gradoni degli spalti dell'arena, sino in alto, brandendo una torcia accesa, per celebrare gli imminenti Giochi Olimpici di Roma, a mó di segnale al pubblico (dovutamente istruito) affinchè migliaia di fiammelle d'accendini splendessero nel buio per celebrando anche l'inizio del programma di quella serata, in un susseguirsi d'emozioni visive. Al segnale d'inizio della diretta Mario a passo di corsa salì verso lo scalone centrale rispetto al palco, con l'intento di attraversarlo. Disgraziatamente, il celebre e amato presentatore non vide la maldestra copertura di una buca e ci cadde dentro, sotto gli occhi sbalorditi ed atterriti degli spettatori. L'impatto fu violentissimo, atroce, Riva si procurò una serie di gravissime lesioni e di fratture che dopo dieci giorni lo portarono alla morte.
un grande tifoso della lazio
Mario Riva aveva una passione viscerale per la Lazio e non faceva nulla per dissimularla. Fu anche consigliere ai tempi delle presidenze di
Leonardo Siliato e Andrea Ercoli, quando la sede della società biancoceleste era in via Frattina. La S.S. Lazio fu presente con un proprio gonfalone il giorno dei suoi funerali, celebrati nella chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria in Piazza Euclide, davanti ad un oceano di persone, con la successiva sepoltura nel cimitero Monumentale del Verano. E poi la formazione della Lazio allenata da Fulvio Bernardini scese in campo con il lutto al braccio per più d'una partita.





