LA STRADA PIÙ STRETTA DI ROMA di Claudio Di Giampasquale
Nel rione Ponte a pochi passi da piazza Navona, compresa tra via dei Coronari e via della Maschera d'Oro (incrociando via dei Tre Archi per poi allargarsi) il vicolo di San Trifone è una stradina larga dai centotrentanove centimetri in entrata (Coronari) ai centodiciotto in uscita (Tre Archi). È considerata la strada più stretta di Roma.
Nonostante si tratti di una viuzza molto piccola, il suo valore storico è assai rilevante in quanto si trova in un'antico snodo di passaggio tra importanti rioni di Roma che silenziosamente raccontano il corso degli eventi dal rinascimento capitolino ad oggi, attraverso piazze, piazzette, vie e vicoli pregni di vicissitudini nobiliari e popolari della Roma pontificia e di quella italiana.
L'origine del nome
La denominazione di questa stradina deriva dall'ultimo appellativo attribuito a una chiesa edificata nell'anno del Signore 1113 quando il pontefice monaco benedettino Raniero Raineri di Bleda salito sul soglio di San Pietro col nome di Pasquale II concesse la bolla "Pie Postulatio Voluntatis" ai Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, riconoscendone l'indipendenza, il diritto di eleggere i propri Gran Maestri e sancendo i voti di povertà, castità e obbedienza. La chiesa costruita in questo vicoletto del rione Ponte fu voluta da dom Raineri alcuni anni prima che diventasse papa, quando ricopriva l'incarico di "primicerius notariorum" (capo dei notai pontifici) e fu consacrata con una solenne messa dall'insigne prelato Leone Berardi (detto il cardinale Ostiense) il quale assegnò a questo luogo di culto il nome di "Chiesa di San Salvatore in Primicerio".
Con il passare dei secoli, i nomi attribuiti a questa chiesa cambiarono. Prima "San Salvatore alla Volpe" (per via del vicino vicolo della Volpe). Poi "San Salvatorello" (per distinguerla dalla più grande e vicina Chiesa di San Salvatore in Lauro. Successivamente "San Salvatore de Locereo".
All'inizio del diciassettesimo secolo divenne sede della "Compagnia del Santissimo Sacramento" (detta anche dei Santi Trifone e Camillo) che fino a quel momento aveva avuto sede in via della Scrofa nel rione Sant'Eustachio presso la chiesa di San Trifone in Posterula, che verrà demolita nella metà del diciottesimo secolo per far spazio all'ampliamento del convento degli Agostiniani.
Di conseguenza nell'anno 1745 il nome di "Chiesa di San Trifone" fu assegnato alla malridotta chiesetta attigua al "vicolo Stretto" che per l'occasione venne restaurata per volontà del duecentoquarantasettesimo pontefice Benedetto XIV.
Fu dunque in quell'epoca che anche l'angusta stradina prese il nome di "vicolo di San Trifone". In precedenza era conosciuto, almeno nel suo tratto tra vicolo dei Tre Archi e Via dei Coronari, come "vicolo Stretto". All'interno della chiesa era presente l'affresco (oggi trasferito al "Pio Sodalizio dei Piceni") raffigurante il Salvatore Benedicente e attribuito a Melozzo da Forlì.
La chiesa purtroppo fu sconsacrata e demolita durante il periodo del governo Mussolini per essere destinata ad uso privato. Sulla medesima area, gli spazi interni furono completamente modificati. Tuttavia, il portone d'accesso è ancora facilmente riconoscibile e richiama l'antico luogo di culto e oltre a questo portale, vi è ancora oggi ciò che rimane dell'edicola sacra che un tempo raffigurava la Madonna col Bambino e i Santi Trifone, Ninfa e Respicio. Sciaguratamente nel 2007 fu distrutta in seguito a un incendio doloso appiccato da vandali. Rimasta per anni deturpata, in tempi recenti è stata riempita da una moderna immagine stampata.