STORIE DI STREGHE E FATTUCCHIERE A ROMA di Claudio Di Giampasquale
Sin dalle origini, dall'era dei re e degli imperatori, e poi nello Stato della Chiesa, sino ai tempi moderni, la storia di Roma è stata popolata da numerose donne dai poteri soprannaturali; erano comunemente chiamate "streghe" dalle autorità e sovente erano perseguitate per la semplice ragione che rappresentavano un certo pericolo. In seguito furono chiamate "fattucchiere" dal popolino dei rioni ed anche dai ceti sociali più abbienti, i quali spesso e volentieri usufruivano delle loro arti benefiche o malvagie. Sino alla metà dello scorso secolo si narrava a Roma che dal Pincio sino alla basilica Lateranense la notte del 24 Giugno venissero avvistate in volo le ombre di Salomé e di sua madre Erodiade, era la tanto celebre "Notte di San Giovanni". Fino agli anni Cinquanta i romani festeggiarono con molta partecipazione questa ricorrenza, celebrando una grande festa, si mangiavano lumache e s'accendendo falò in giro per la città. Ma quanto ci sarà di vero e di falso sulla presenze di queste misteriose donne?
L'origine e l'incremento del numero di queste "sacerdotesse" si fonde con la storia di Roma. All'ombra dei sette colli esistevano già dall'era della monarchia, molto prima della nascita di Cristo, queste donne erano le eredi della "Maga Circe", della "Sibilla" e di "Medea". Nell'epoca imperiale e in moltissimi secoli successivi, proliferarono provenendo dai quartieri più bassi e dalle classi subalterne della popolazione, quei ceti sociali più indigenti, per i quali queste "donne particolari" rappresentarono la speranza, la guarigione, gli amori e forse il colpo di fortuna di un'incredibile ricchezza. Probabilmente si trattava di donne dotate d'una forte personalità e della forza di abilità e suggestioni tramandate da generazioni in generazioni dalle arti mediche e dai segreti delle pozioni magiche che potevano dare la guarigione ed anche la morte. Dunque, quelle conoscenze misteriose conferivano alle fattucchiere una certa potenza sugli spiriti ingenui e sull'ignoranza del popolo romano di quegli anni bui. Non si può negare che oltre alla conoscenza della natura, come le erbe e gli animali, avessero anche una grande pratica del corpo umano. Spesso dotate di un'intelligenza superiore, molte erano delle sensitive che usufruivano di qualche potere occulto che ignoriamo ancora. Seguivano le orme di una loro "maestra" dalla quale cercarono di carpire tutti i vari segreti. A Roma, molte fattucchiere provenivano dalla provincia. Ad esempio, quelle di Monterotondo e di Ponzano erano specializzate a togliere il malocchio o predire il futuro, ma non avevano una vasta conoscenza delle erbe, infusi e unguenti, infatti molte di loro non erano delle vere guaritrici, ma approfittavano dell'ingenuità dei loro clienti. Per dare più importanza alle "cure" dell'epoca, le fattucchiere durante o dopo l'uso dei loro preparati, facevano seguire riti magici per lo più inventati di sana pianta. Ma cosa strana, spesso riuscivano a ottenere la guarigione miracolosa del malato. Oltre ai vari rimedi per il corpo, la "strega" usava anche altri riti magici per "stregare" le anime: per far innamorare una persona disinteressata; per rompere un'unione di coppia; per rendere sensibile al piacere una donna frigida o un uomo impotente; per ottenere la fertilità e diventare genitori; oppure per vendicarsi di un nemico fino a portarlo alla morte. Questi "sortilegi" non erano ben visti dalle autorità ecclesiastiche e governative, spesso partivano delle denunce, seguite da un sommario processo che finiva con la condanna a morte della fattucchiera. La stregoneria vera o più spesso falsa, finiva col terrorizzare sia le persone comuni che i giudici dei secoli scorsi, i quali credevano sinceramente che le streghe fossero alleate del diavolo.
IL RACCONTO DELLA STREGA "bellezza" ORSINI
Certi documenti popolari del Cinquecento menzionano l'esistenza di una strega di nome Isabella Orsini, soprannominata dal popolo romano "Bellezza" per via della sua avvenenza e del suo fascino. Nacque alla fine del quindicesimo secolo a Collevecchio, in Sabina, era figlia naturale ma illegittima del principe Pietro Angelo Orsini per la quale famiglia, da adolescente sino a giovane età, prestò servizio nel palazzio nobiliare nel centro di Monterotondo un piccolo centro distante poco più di venticinque chilometri da Roma. Dopo esser stata istruita dalla sua "maestra" nell'arte segreta della magia e della medicina delle erbe, Isabella decise di cercar fortuna nella città eterna. Dopo aver eseguito numerose guarigioni, ottenendo così la benevolenza del popolo ed anche una certa agiatezza per i numerosi lauti compensi offerti, fece l'errore di cominciare a farsi odiare dai suoi vicini, invidiosi e adirati perchè aveva eseguito dei sortilegi e varie diavolerie delle quali incautamente si vantava senza ritegno.
Quel suo atteggiamento spavaldo e pericoloso infastidì non poche persone, delle quali qualcuna la denunciò alle autorità. Anche se i suoi inquisitori non erano completamente convinti che tutto il racconto della bella imputata corrispondesse alla realtà dei fatti, non esitarono a farla ugualmente torturare col "supplizio della ruota".
Una delle accuse più gravi fu quella d'esser stata recidiva, perchè già non molto tempo addietro la presunta strega "Bellezza Orsini" era stata imprigionata dai frati di San Paolo, ma lei s'era energicamente difesa accusando i frati d'essersi innamorati della sua avvenenza, nonché d'aver invitato in convento un certo numero di sue amiche per fare giochi erotici. Dopo tanta scelleratezza i giudici non potettero evitare alla donna di subire varie dolorose torture per cercar di ritrarre quelle le sue gravissime insinuazioni, ma la strega "Bellezza Orsini" invece di fare marcia indietro presa da un accesso di follia si mise a decantare le sue numerose e inventate deplorevoli azioni, non poche delle quali orribili come l'omicidio di bambini ed addirittura confessando d'essersi congiunta carnalmente per otto volte col Demonio. In seguito, sempre più fuori di sè si mise addirittura a minacciare di "morte da sortilegio" il presidente del tribunale, che impaurito, piuttosto che condannarla a morte, decise di farla rinchiudere in una cella senza alimenti, con l'intenzione di vederla spirare lentamente di denutrizione. Presa da un ulteriore improvviso ma più violento raptus, la strega si piantò un grosso chiodo arrugginito nella gola e nell'agonia gridò al giudice presentatosi nell'angusta cella per ascoltare le sue ultime parole, che il Diavolo in persona era venuto a liberarla e che da morta lo avrebbe orribilmente tormentato fino alla fine dei suoi giorni.
Ecco il racconto del processo alla strega "Bellezza Orsini" in un estratto dal documentario realizzato dalla regista e produttrice romana Maria Teresa De Vito, Il narratore è il professor Michele Di Sivo vicedirettore dell'Archivio di Stato di Roma, storico, archivista,, nonché studioso di storia della giustizia e delle fonti giudiziarie dal quindicesimo al ventesimo secolo. Il professor Michele Di Sivo è autore del libro BELLEZZA ORSINI, LA COSTRUZIONE DI UNA STREGA (I528)