MARIO BREGA, IL CACIARONE di Claudio Di Giampasquale

Sabato 23 luglio 1994 Mario Brega si spegnava nella sua casa di Via Oderisi da Gubbio 18 dove aveva vissuto per oltre trent'anni. Aveva settantuno anni, fu un improvviso infarto ad abbatterlo.
Figlio del falegname e mezzofondista tiburtino Primo Brega, Florestano (questo era il suo vero nome di battesimo) nacque a Tivoli nel 1923. Crebbe con la sorella Marisa e il fratello Valeriano in un contesto popolare nel centro di Tivoli un piccolo comune a pochi chilometri dalla capitale, situato sull'estremità inferiore della valle dell'Aniene sovrastante circa 150 metri la città eterna offrendo da lassù una panoramica mozzafiato.
Dopo aver lavorato nella bottega del padre, si trasferì quando aveva circa trent'anni nell'Urbe per trovare una sistemazione abitativa vicino a Cinecittà in cui aveva trovato lavoro continuativo prima come comparsa, poi come attore caratterista, avvalendosi della sua corporatura imponente e dell'aspetto burbero.
Nella prima fase della carriera si ricorda la sua partecipazione come attore caratterista (quasi sempre ruoli da cattivo) in vari film. Pellicole dirette da mostri sacri del cinema italiano come Dino Risi, Ettore Scola, Luciano Salce, Mario Bolognini e tanti altri.
Fu quando il regista Sergio Leone lo accolse professionalmente sotto la sua ala protettrice che si trasferì a Trastevere vicino alla casa del maestro e assunse il nome d'arte "Mario Brega" con cui raggiungerà il successo rimanendo per sempre nel cuore dei romani e non solo, grazie alla sua genuina espressività, Florestano era così anche nella vita privata: caciarone, verace, diretto e soprattutto "coatto".
La sua grande fortuna accadde nel 1979 il giorno in cui a casa di Sergio Leone ci fu, casualmente, il primo incontro con il giovane Carlo Verdone figlio del professor Mario Verdone docente universitario di storia del cinema, dirigente del Centro sperimentale di cinematografia di Roma e critico cinematografico.
«Devo ancora capì perché me fai tanto ridere…» diceva Sergio a Carlo quella sera d'inverno, lo aveva visto in televisione nell'innovativo format di Enzo Trapani "Non stop" in stile cabaret. Decise di telefonargli. Il giovane Verdone stava progettando insieme a Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi il suo primo film "Un Sacco Bello" un lungometraggio che doveva svolgersi in tre episodi. Quella sera Carlo chiedeva consigli a raffica al maestro esponendo a ruota libera la sua idea di cinema. Sergio Leone ne rimase entusiasta e mentre gli stava proponendo la sua volontà di diventarne produttore esecutivo, entrò nella stanza senza bussare un omone con la camicia aperta, una grande croce d'oro e un vocione che urlò senza garbo:
«'A Sergio, vengo dar mercato, t'ho portato i carciofi». A Carlo verdone mancava ancora l'attore per il padre dell'hippy. Era perfetto...
Brega era il classico "romano dé borgata" di mezz'età: chiassoso, battutaro, diretto, manesco ma, in fondo, dall’aria paterna.
Il genio dell'astro nascente Carlo Verdone, relazionando quell'uomo alle sue innovative idee, ne intuì immediatamente il potenziale. Un personaggio del genere andava raccontato per essere ricordato dalle giovani generazioni di appassionati di cinema e non solo ...se tutto sarebbe andato come prevedeva, come sperava. Cinque settimane di riprese, 560 milioni di budget e 2 miliardi e mezzo di incassi.
Successivamente, Brega prese parte con Verdone anche nei film: "Bianco Rosso e Verdone", "Borotalco" e "Troppo Forte" pellicole che ancora oggi rimangono impresse nella storia del cinema italiano e nel cuore degli spettatori di più generazioni.