ME SÓ MAGNATO ER FEGATO stornello di Claudio Baglioni
Claudio Baglioni aveva ventidue anni quando scrisse questo stornello. Era il 1973, una sera d'inverno era a Trastevere insieme ad Antonio Coggio allo Studio Folk, Antonio a quei tempi aveva dieci anni più di lui ed era uno scopritore di talenti, lavorava alla RCA. Usciva spesso insieme a Claudio, lo adorava, quella sera stavano improvvisando al piano e alla chitarra degli stornelli romaneschi. Coggio aveva conosciuto quello spilungone di Centocelle col naso adunco sei anni prima, glie lo aveva presentato un collaboratore di Teddy Reno in occasione del "Festival degli sconosciuti" evento noto anche come "Il Talentiere" e che si svolgeva ai Castelli Romani nella cittadina di Ariccia. Claudio a quei tempi sfoggiava un paio di occhialoni ed era un tipo molto particolare: sfuggente, timidissimo e taciturno, ma aveva una voce da paura e un talento enorme nello scrivere canzoni, soprattutto raccontando di Roma. Prometteva molto, aveva modulazioni particolari, le sue canzoni le poteva cantare solo lui con quella voce arrivava molto su. Il loro sodalizio fù molto produttivo, durò solo cinque anni ma insieme sfornarono capolavori. Basti pensare che Antonio dal 1970 al 1975 collaborò con Claudio negli arrangiamenti di pezzi del calibro di: "Questo piccolo grande amore", "Con tutto l'amore che posso", "Porta Portese", "Amore bello", "Io me ne andrei", "E tu...", "Sabato pomeriggio" e "Poster". Poi discussero e si separarono e Baglioni divenuto ormai un idolo se ne andò per la sua strada.
Ma torniamo a quella sera trasteverina allo Studio Folk a via Garibaldi. A un certo punto, Antonio si mise al piano accennando a una stornellata romanesca e Claudio lì accanto al microfono con la sua chitarra attaccò uno stornello che aveva appena scritto:
«T'ho incontrata, mo nun m'aricordo quanno me dicevi che parevo Marlon Brando. Per l'appunto io te so' piaciuto tanto... ». Fu un successone e quella sera le mani dei presenti si sbellicarono dagli applausi. Claudio tenne per un pò questo stornello chiuso in un cassetto, finchè l'anno dopo decise di donarlo al suo grande amico Giggi Proietti, Claudio era fiero di lui e della sua romanità e riteneva che l'artista con la sua maschera verace romanesca da bullo rappresentasse in modo perfetto il suo stornello, in particolare per la sua voce ironica e le sue espressioni mimiche, erano quelle giuste per portarlo alla ribalta e farlo conoscere a tutti. E così fu, "Me sò magnato er fegato" divenne uno dei cavalli da battaglia della canzone romanesca e oggi non c'è romano (e non solo) che non conosca questo stornello.