IL PURGATORIO È SUL LUNGOTEVERE PRATI di Claudio Di Giampasquale

Metà settembre del 1897 Roma è Capitale del Regno d’Italia da ventisei anni. Ne mancano solo poco più di due alla fine del diciannovesimo secolo. Sono in corso i primi interventi di urbanizzazione della zona «Prati di Castello» istituiti per volere del Re Umberto I di Savoia su pressione dell’arcivescovo Francesco Saverio de Mérode, proprietario di vaste aree della zona.

Il Comune ha firmato la convenzione per edificare un nuovo grande quartiere sulla riva destra del Tevere. Campi variopinti di fiori, osterie, vigneti e giardini dove la gente veniva a divertirsi traghettando il fiume in barca vanno via via sparendo per far posto ad un elegante quartiere art-nouveau che richiama l’edilizia ottocentesca di Torino. È un periodo di forte speculazione.

Fino a soli venticinque anni addietro i terreni di questa zona valevano da tre a sette lire al metro quadrato. Ora a fine secolo per la stessa unità di misura vengono valutati “la bellezza” di settantacinque lire.

Su di un ristretto terreno di fronte al fiume, acquistato dai Missionari del Sacro Cuore di Gesù, in prossimità del Castel Sant’Angelo nel tratto che collegherà via Ulpiano a via Vittoria Colonna, in prossimità del Castel Sant’Angelo sorge la piccola chiesa del Sacro Cuore del Suffragioe dificata sette anni prima per volere di Padre Victor Jouët missionario sardo/marsigliese, fondatore dell'ordine del Sacro Cuore di Gesù. È metà mattina di un mercoledì di fine estate, siamo nella cappella della Madonna del Rosario all’interno della chiesa, la funzione religiosa sta per iniziare. Fedeli e devoti si ritrovano in attesa del rito affollando le panche di fronte all'altare, quando improvvisamente vedono accendersi e divampare un incendio sulla tavola liturgica addobbata per la funzione. Il fuoco si propaga velocemente, incredibilmente. Misteriosamente alle persone atterrite in fuga sembra di scorgere tra le fiamme l'immagine di un volto contrito e sofferente, c’è panico, suggestione, stupore. I più coraggiosi rimangono a contemplare il fenomeno a dovuta distanza, impotenti. Mentre le fiamme distruggono ogni cosa.

A incendio spento l’immagine intravista risulterà delineata in un pannello di legno situato sulla sinistra dell’altare e altre tracce costituiranno motivo di magnetismo, poiché molti dei presenti ritengono il fatto una manifestazione soprannaturale.

Si vocifera nella comunità religiosa che sia stata l’apparizione di un’anima del «purgatorio». La voce di quanto è accaduto oltrepassa il fiume e di bocca in bocca si diffonde rapidamente per tutta Roma facendo gridare al miracolo.

Un cospicuo afflusso di gente accorre così ad osservare l’immagine rimasta impressa nel pannello e altri misteriosi segni. Le conseguenti scene di esaltazione e fervore sono tali che le autorità ecclesiastiche si ritrovano costrette a prender atto dello straordinario e inesplicabile evento. Padre Jouet in considerazione della grande devozione alle «anime del purgatorio» suscitata dalla presunta o reale apparizione di quella figura umana dolorante, ritiene comunque l’evento un mezzo usato dalla provvidenza per richiamare i vivi a ricordarsi dei defunti. Ovvero un’arcana richiesta di preghiere indirizzata dalle anime della «chiesa purgante» ai fedeli. Allora impegna tutte le sue energie per la ricostruzione di quel luogo di culto distrutto dalle fiamme e per l'edificazione di una nuova chiesa. L'opera, avrebbe dovuto ricordare alle generazioni future, oltre al misterioso fatto, anche l’esistenza di un luogo dove i trapassati "soffrono senza meritare". La Diocesi di Roma incarica per l'impresa il giovane ingegnere architetto Giuseppe Gualandi che progetta e costruisce una piccola cattedrale ispirata alla verticalità e caratterizzata da ricche cesellature gotiche a mo' di "piccolo duomo" che giovedì primo novembre del 1917 giorno di commemorazione dei defunti, apre i battenti mostrandosi ai romani come un contenuto gioiello tra gli edifici appena sorti lì accanto su quel lungotevere in trasformazione. Un luogo sacro che sin da subito ospita il «Museo Cristiano dell’oltretomba» al fine di tener desta e ravvivare nei fedeli il ricordo di quell'evento attraverso i cimeli raccolti dopo l'incendio, meticolosamente catalogati ed esposti.

Il presbitero francese, inoltre, si mette alla ricerca in tutta Europa di testimonianze e documenti che, in qualche modo, possano richiamare e fermare l’attenzione dei credenti sulla «realtà del purgatorio».

La piccola esposizione permanente non ha mai avuto (e non ha oggi) mire speculative, tanto meno di lucro, l'unico autentico fine è quello di far pensare alla vita dopo la morte e di rammentare ai più o meno distratti mortali che esiste una prigione: il «purgatorio», dalla quale non si esce fino a quando non si è pagato (metaforicamente) l’ultimo spicciolo.

Per chi volesse visitare questo piccolo museo, l'indirizzo esatto è Lungotevere Prati 12. Apre la mattina alle ore otto e trenta fino alle ore dodici. Poi riapre il pomeriggio alle ore quindici e trenta e chiude per la notte alle ore diciannove e trenta.