LA «POLLEDRARA DI CECANIBBIO» di Claudio Di Giampasquale

Nella preistoria nel territorio di Roma, vivevano gli elefanti, i rinnoceronti, gli uri e tante altre specie di mammiferi, uccelli, rettili e pesci estintisi nel corso dei millenni. I loro resti sono stati rinvenuti in un'area concentrata tra Ponte Galeria, Casal Lumbroso e Castel di Guido, non lontano dalle attuali via Aurelia e via di Boccea. Il sito ha restituito un ecosistema ricchissimo con un ambiente forestato dal clima caldo umido. Questo luogo è un contributo essenziale per scoprire le origini più remote dell'urbe.

L'ambiente vucanico dove oltre sette secoli prima della nascita di Cristo sorse a poca distanza la città eterna, è uno dei luoghi chiave per conoscere le origini di Roma e del "Latium vetus", nonché il rapporto tra i primi uomini della zona e gli antichi animali che la popolavano, che non furono soltanto fonte di cibo, ma anche di materia prima per la produzione di strumenti e di armi.

l'influenza del vulcanismo nell'ecosistema

C'era una volta alle porte della futura Roma, il vulcano Sabatino che periodicamente eruttava colate di materiale piroclastico (polveri, brandelli di lava, ceneri, lapilli) dove un fiume oggi scomparso, scavò il proprio letto. Si formò così una valle che nei secoli dei secoli s'impaludò diventando una risorsa per la flora e la fauna, ed anche una trappola per i grandi animali dell'era pleistocene medio-superiore, che vi restarono immobilizzati nel fango.

La maggior parte furono dei grandi bovi, gli "uri", detti anche "bos primigenius" (oggi estinti) dai quali discendono i bovini domestici odierni. E poi vi rimasero intrappolati anche "elefanti di foresta dalle zanne dritte" detti "palaeoloxodon antiquus" una specie estinta di pachidermi di circa quattro metri d'altezza (notevolmente più grandi del loro contemporaneo "mammut lanoso" detto anche "mammuthus primigenius"). Eppoi perirono anche antichi rinnoceronti ("stephanorhinus etruscus"), cervi "megaloceros", cinghiali ("sus strozzii"), lupi ("lupus italicus"), lepri ("lepus timidus") e svariate altre specie d'uccelli di quell'era.
In quest'antica zona del "Latium vetus" sub-tropicale di circa trecentomila anni fa s'aggirava anche un'astuto bipede lesto a far tesoro delle disgrazie altrui, come testimoniano i resti di pachidermi trascinati dalla corrente o imprigionati dalle sabbie mobili. Vivi o morti che fossero, quest'essere "intelligente" a due zampe detto
"homo heidelbergensis" rompeva loro crani e ossa con massi di lava appositamente squadrata, per mangiarne il cervello e il midollo, macellando le loro carni con sorprendente perizia.

lo straordinario sito archeologico paleontologico

A oggi non sono tanti i siti noti a livello globale che documentano lo sfruttamento di carcasse d'animali da parte di hominini arcaici. Il giacimento della «Polledrara di Cecanibbio» rappresenta uno dei più ricchi depositi paleontologici esistenti. La zona di Castel di Guido e Casal Lumbroso si distingue per la ricchezza di reperti e per l’approccio metodologico adottato, che ha permesso di ricostruire in dettaglio la catena di eventi che ha portato alla deposizione di fossili e alle "interazioni homo-elefante".

Gli studi hanno evidenziato come le ossa (riemerse alla luce solo nella metà degli anni ottanta dello scorso secolo) furono intenzionalmente fratturate per l'estrazione di preziosi e nutrituvi materiali organici e lasciate "stagionare" prima d'essere utilizzate come sostanza e corporeità per la produzione di manufatti e utensili. Testimoniano la presenza dell'uomo circa quattrocentocinquanta strumenti litici realizzati con piccoli ciottoli e manufatti creati con ossi d'animali.

la suggestione che sucita la scoperta d'un posto come questo

Un salto nella preistoria per ammirare reperti accumulati nel corso di migliaia di anni, che grazie al fluoro si sono fossilizzati dopo esser stati ricoperte da cospiqui strati di grafite e di terra, rinvenuti alla luce, catalogati e musealizzati, è qualcosa d'emozionante. Difficilmente si resta indifferenti, perchè queste remote tracce di vita, invece che essere esposte in fila all'interno di vetrine, vengono anche presentate nell'ambiente stesso in cui giacciono da millenni. Questo primordiale habitat è situato in un ampio capannone verde immerso nella campagna. La struttura museale, costruita sopra il sito di scavo è accessibile ai visitatori tramite una passerella sospesa che permette di vedere i resti fossili direttamente nel loro contesto originale. Il proposito di ridare forma e vita agli innumerevoli resti di tante specie fossili, visibili sul paleosuolo, ha portato alla realizzazione di due imponenti fondali scenografici estesi per oltre duecentotrenta metri quadri, collocati su due pareti interne dell'edificio. Su di essi sono rappresentati con rigore scientifico ed in base ai dati di scavo, l’ambiente fluviale e palustre, con le specie faunistiche e la flora che hanno caratterizzato il "pleistocene medio" in quest’ area e l’episodio di macellazione della carcassa d'elefante.

come raggiungere il sito e come fare per visitarlo

La «Polledrara di Cecanibbio» è raggiungibile mediante due direzioni. La prima, partendo da Roma, con la via Aurelia, giunti al ventiduesimo chilometro svoltare a destra al "bivio Fregene-Anguillara" e procedere in direzione Anguillara, dopo circa cinque chilometri svoltare a destra in via Cecanibbio e procedere per circa un chilometro e mezzo fino a raggiungere il museo. La seconda via per raggiungere il sito da Roma è percorrendo la via di Boccea, superato l'incrocio con via di Casal Selce, voltare dopo circa un chilometro in via Francesco Ercole e proseguire per circa duecento metri sino al promo bivio a destra che è via di Cecanibbio e proseguire per circa due chilometri sino ad arrivae al sito museale. La «Polledrara di Cecanibbio» è accessibile solo con aperture straordinarie e in occasione di eventi, per ottenere informazioni sulle visite (guidate) contattare la "Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma" che è in piazza dei Cinquecento 67, oppure telefonare al centralino dello stesso ente al numero 06480201 o a quello della sede di San Michele al numero 0667233681. Oppure provare al n. 0639967700