RACCONTI ROMANI regia di Gianni Franciolini (1955)
Un classico della commedia all’italiana con sceneggiatura ispirata all’omonima opera letteraria di Alberto Moravia pubblicata per la prima volta nel 1954 che raffigurano stralci di vita quotidiana nella Capitale nel secondo dopoguerra. la pellicola porta sul grande schermo uno spaccato della Roma di un tempo, con i suoi personaggi “genuini” nella meravigliosa capitale dell'epoca.
Protagonisti del film sono quattro giovani romani: Otello, Mario, Spartaco e Alvaro, che cercano di migliorare la propria condizione, lasciandosi convincere da Alvaro (Franco Fabrizi) appena uscito di prigione, ad acquistare un furgoncino per fare le consegne. E qui inizia “l’arte di arrangiarsi” di italica memoria: i tre amici di Alvaro, infatti, svolgono lavori onesti ma tutto sommato umili ed è così che, spronati dal “facilone” Alvaro, escogitano diversi espedienti per racimolare i soldi necessari a pagare l’anticipo e la prima rata del furgoncino. Eccoli quindi darsi al bagarinaggio fuori dallo stadio prima di Italia-Inghilterra, salvo essere sorpresi dalla polizia che, per questa volta, li “grazia”. Ci provano allora affidandosi al rinomato professor Semprini (Totò) al quale fanno scrivere una lettera strappalacrime per estorcere soldi all’avvocato Mazzoni Baralla (Vittorio De Sica) ma vengono anticipati nella truffa dallo stesso squattrinato Semprini che pensa bene di far volgere a proprio vantaggio lo stratagemma. I quattro si danno allo spaccio di banconote false per poi fingersi agenti della buoncostume, arrestati dalla polizia vera e con la prospettiva di dover scontare anni di galera; rilasciati dopo una notte in cella, Otello, Spartaco e Mario decidono di abbandonare Alvaro e le sue folli idee e tornare mestamente a svolgere i propri umili, ma onesti, lavori di un tempo.
Non poca nostalgia per una Roma, e un’Italia, forse ancora povera, ma genuina e, anche nelle azioni meno “nobili” come le tentate truffe dei quattro amici, tutto sommato leale e anche a tratti simpatica. Pellicola impreziosita da i due “camei” di Totò e De Sica e ben diretta da Franciolini che non a caso si aggiudicò il David di Donatello come miglior regista nel 1956.




