dalla Prima lettera ai Corinzi 13:4-10
Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi gioverebbe. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno. il dono delle lingue cesserà. la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta è la profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vedo come in uno specchio, in maniera confusa, Ora conosco in modo imperfetto. tre cose rimangono, la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità...
[sAN pAOLO DI tARSO]
SAN PAOLO E I MISTERI ESOTERICI DELLA SUA BASILICA di Claudio Di Giampasquale
È possibile che una chiesa cristiana possa essere allo stesso tempo "cattedrale" ossia sede d'un vescovo. Mentre col termine "duomo" (generalmente associato solo al cattolicesimo, derivante dal latino "domus") s'intende tradizionalmente la chiesa principale d'una città. Oltre a ciò, c'è il titolo onorifico di "basilica" conferito dalla Santa Sede a chiese di particolare importanza storica, artistica, spirituale o sociale, le quali possono essere suddivise in basiliche maggiori e minori. Ebbene, oltre la bellezza delle soluzioni architettoniche con cui esse furono realizzate, delle loro decorazioni e del patrimonio artistico che posseggono al loro interno, molti di questi luoghi di culto cristiano manifestano subliminalmente diversi significati filosofici, spesso difficilmente interpretabili. Dai tempi più antichi vari spiriti eruditi hanno cercato di trasmettere ai loro seguaci le proprie ideologie e dottrina, ma pochi prescelti hanno potuto e possono oggi comprendere le ermetiche testimonianze ricevute in eredità. In alcune basiliche e cattedrali italiane, come anche in quelle francesi, diversi intellettuali cercarono per secoli di capire le segrete simbologie di questi templi di culto. A Roma ci sono quattro "basiliche papali maggiori" di rango più alto tra le basiliche cattoliche, che godono di privilegi speciali, come ad esempio la presenza d'un "altare papale" di particolare rilevanza, presso cui solo il papa o pochi altri sacerdoti possono celebrare il rito dell'eucaristia; nonché d'una "porta santa" che viene aperta solo durante l'Anno Santo che cade ogni quarto di secolo. Ciascuna di queste quattro solenni basiliche romane (come non poche altre chiese antiche) è ricca di simboli esoterici che provengono da altre tradizioni, la cui origine, in molti casi affonda nei primi secoli del cristianesimo.
Le quattro basiliche papali maggiori romane sono "San Pietro in Vaticano", "San Giovanni in Laterano", "Santa Maria Maggiore all'Esquilino" e "San Paolo fuori le Mura".
La basilica romana di San Paolo fuori le Mura è una di queste privilegiate costruzioni ed è un vero esempio di spiritualità. Nel mondo cattolico dopo quella di San Pietro in Vaticano è tra le più importanti, sia per il profilo architettonico che per la grandiosità costruttiva e conferma come Roma si trovi sotto il duplice patronato: dell'apostolo "Pietro il pescatore di Betsaida" primo vicario di Cristo e del "dottore di sapienza Paolo di Tarso". Quest'associazione tra i due santi esprime una compresenza necessaria, Pietro manda il suo messaggio d'unità alla moltitudine cristiana, Paolo invece rivolge il suo messaggio colto ad una ristretta cerchia di persone capaci di seguire i suoi insegnamenti.
La raffigurazione della sua statua con una spada in mano e un libro a mó di rotolo nell'altra è colma di significati propri del periodo paleocristiano, confermando il santo come un membro della limitata cerchia apostolica. La spada datata del decimo secolo riflette un valore simbolico; per tutte le tradizioni antiche rappresenta la conoscenza sacra e di combattimento ed acquisisce un concetto di "guerra santa", assumendo così un doppio potere del "Verbo", sia costruttivo che distruttivo, infatti nell'Apocalisse, ultimo libro della Bibbia cristiana, si legge che
«la spada esce dalla bocca di Dio». La daga luccicante rappresenta anche un lampo di "Lux Divina" dissipatore di tenebre e ignoranza.
Sulla porta centrale della basilica pesante oltre ottanta quintali, realizzata in bronzo dallo scultore Antonio Maraini nella prima metà dello scorso secolo, circa settant'anni dopo il terribile incendio che nella notte tra il 15 e il 16 luglio del 1863 devastò la basilica, vi sono due battenti su pannelli iconografici ideati dall'abate Ildefonso Schuster che raffigurano le predicazioni dei due santi patroni di Roma. Il sommo teologo romano respirò sin dal primo vagito l'aria pontificia, nacque nella Città del Vaticano figlio di Maria Anna Tutzer di Renon e Johann Schuster sarto bavarese al servizio della corte pontificia. Cresciuto all'interno delle Mura Leonine, Alfredo Ludovico Luigi Ildefonso divenne un'uomo di profonda cultura, esperto d'archeologia, storia monastica e liturgia. Ebbene nei due pannelli da lui immaginati e voluti sul portale principale della restaurata basilica al di fuori delle mura aureliane, possiamo leggere un piano iconografico d'altissima "teologia dogmatica", nei riquadri superiori sono rappresentate le armi della Chiesa e della Roma Imperiale, ossia il "Potere Spirituale" e il "Potere Temporale" come per asserire il cristianesimo della Chiesa e la laicità dello Stato . Altri riquadri raffigurano la figura del Salvatore e vari episodi della vita dei santi Paolo e Pietro ed in un altro riquadro a sinistra si possono osservare scritti in un cerchio due strumenti simbolici di chiara matrice "Muratoria": il maglietto (martello) e lo scalpello, due strumenti che, come anche la spada del santo di Tarso rappresentano una volontà d'ordine superiore; il martello ha bisogno dello scalpello per sgrossare la pietra, ossia l'ignoranza; con precisione nell'intento di trasformare l'essere umano in un nuovo "essere creato secondo il volere di Dio" come San Paolo di Tarso affermò nelle sue numerose lettere scritte sì con l'autorità d'apostolo di Cristo, ma anche con il calore d'un padre e di un amico.
Oltre al grande portale d'ingresso, anche il campanile offre un percorso ascensionale, partendo da una base quadrata esso prosegue il suo viaggio verso l'alto con una pianta ottagonale ed una a cerchio per la cupola finale. A ciascun modulo corrisponde a seguire uno stile diverso: a partire dal "Dorico" più antico e semplice con colonne massicce e capitelli essenziali; a seguire con lo "Ionico" più slanciato con capitelli caratterizzati da volute; per culminare col "Corinzio" più ornato con colonne esili e capitelli decorati con foglie d'acanto. La cupola termina con la "Pietra Angolare" e con un "Globo" che rappresenta l'universalità della Chiesa simboleggiata dalla croce che s'eleva sullo stesso globo. I tre stadi e moduli del campanile rappresentano il percorso verso la benevolenza di Gesù Cristo.
Il giardino possiede due viali che s'intersecano a forma di croce, con una fontana posta al centro. Il cortile è ricco di decorazioni simboliche e geometriche.
Sembra che ogni elemento di questa basilica abbia un significato esoterico che non abbiamo ancora finito di scoprire.
ma COS'è L'ESOTERISMO, IN BREVE
Ci vorrebbe una marea di pagine se non una nutrita serie di tomi per descrivere cos'è la scienza esoterica e le sue implicazioni, le quali includono la ricerca d'una comprensione più elevata della realtà. La nutrita letteratura esoterica attraversa generi diversi e include testi che esplorano una marea di temi. In questo pezzo mi limiterò solamente a menzionare l'origine etimologica del termine e a brevi cenni in merito al suo fascino, che suscita grande curiosità e forte attrazione. La parola "esoterismo" è una forma derivata dal greco «éso» cioè "dentro" che nel processo linguistico formò l'espressione «esoterikós» "interiore". Innanzi tutto, si noti bene che dico «esoterismo cristiano» e non «cristianesimo esoterico», infatti non si tratta per niente d'una speciale forma di cristianesimo, ma dell'aspetto «interiore» della tradizione cristiana; e sono certo che non sia difficile comprendere che ciò è molto più che una semplice sfumatura.
Quest'antichissima disciplina sin dalle sue origini elleniche e mesopotamiche sviluppò "il sapere" e indicò le dottrine filosofiche dell'«essere umano in relazione all'universo e al divino» per destinarle a discepoli più preparati ed elevarli "alla conoscenza". In sostanza, un apprendimento riservato a pochi, che si sviluppò in diverse tradizioni e religioni sin dalla notte dei tempi; un umano sapiente e intrigante appello al mistero, alla ricerca interiore d'una verità non accessibile a chiunque. Le implicazioni non sono solo teoriche, ma accludono un'attività pratica, come l'uso di simboli ed energia per produrre cambiamenti nella coscienza e nella vita. Spazia attraverso diverse dottrine, col fine d'offrire gli strumenti per comprendere ed agire sul proprio karma e lo sviluppo della coscienza, sostenendo che la verità più profonda non si trova nel mondo esterno, ma nella trascendenza interiore dell'essere umano. E che la realtà è intrisa di significati simbolici e spirituali avvalendosi d'un approccio analogico, rappresentativo, metaforico e paradigmatico.
mA CHI FU REALMENTE L'APOSTOLO DELLA GENTE ?
Esiste una vastissima letteratura sulla vita di Paolo di Tarso, un uomo colto che prima di diventare l'Apostolo della gente perseguitò i cristiani. A un certo punto della sua vita incontrò Cristo e si convertì al cristianesimo diventando nella storia uno dei più importanti testimoni del «Verbo Incarnato del Salvatore». Con la simbolica spada e i testi sacri in mano parlava alle folle, alle persone d'ogni fede e a coloro senza credo, entrando nel loro cuore per mezzo di parole semplici, chiare ed empatiche. Attraverso i suoi scritti arrivò anche a chi non potè incontrare. C'è un ottimo film che consiglio di vedere, s'intitola «Paolo, Apostolo di Cristo» realizzato nel 2018 dal regista americano Andrew Hyatt, la trama della pellicola si concentra sul suo diventare una figura chiave nella formazione della "Chiesa originaria" prima d'essere decapitato dai "giustizieri delle esecuzioni dell'imperatore di Roma". Nella lunghissima storia della religione cristiana "in saecula saeculorum" i padri della Chiesa e poi tutti i teologi si sono nutriti delle «Lettere di San Paolo» e della spiritualità in esse contenuta. San Paolo di Tarso è così rimasto nei secoli, fino ad oggi il vero maestro e Apostolo della gente anche d'altre religioni oltre il cristianesimo e per stigmatizzare obbiettivamente questo concetto, in modo imparziale, distaccato e basato sui fatti, senza l'influenza di emozioni fortemente cristiano-cattoliche, mi permetto di citare la descrizione che L. Michael White fà del santo a pagina 145 della sua opera "From Jesus to Christianity": «Paolo non fu il primo cristiano. Infatti, Paolo non usa mai il termine "cristiano". Anzi, si dichiara un giudeo chiamato da Dio, attraverso Gesù Cristo, alla missione di portare il suo messaggio ai non ebrei. Quindi la visione di sé rimane anche ebraica in quanto proveniente da essa, anche quando discute con Pietro, Giacomo o altri più fedeli giudei tra i seguaci di Gesù. Paolo, quindi, deve esser visto come parte di quella "diversità originaria" presente tra questi primi esseri umani seguaci del Risorto che diede vitalità e aprì nuovi orizzonti a un nuovo movimento di fede così grande e importante come il Cristianesimo».
San Giovanni Crisostomo vescovo e patriarca di Costantinopoli, nel quarto secolo instaurò un'originale paragone tra San Paolo e Noè, esprimendosi così: «Paolo “non mise insieme delle assi per fabbricare un'arca, piuttosto invece d'unire delle tavole di legno, compose delle lettere e così strappò di mezzo ai flutti, non due, tre o cinque membri della propria famiglia, ma l'intera ecumene della Terra che era sul punto di perire”. Attingere a lui, tanto al suo esempio apostolico quanto alla sua dottrina, sarà quindi uno stimolo, se non una garanzia, per il consolidamento dell’identità di fede di ciascuno di noi e per il ringiovanimento dell’intera Chiesa cristiana».
IL MARTIRIO DI SAN PAOLO
Sulla data della morte del santo le opinioni sono discordanti. Per alcuni sarebbe morto nel 64 dopo Cristo durante le persecuzioni anticristiane seguite all’incendio di Roma; altri individuarono il 67 d.C. l’anno quattordicesimo del regno di Nerone. La questione è tuttora dibattuta.
Ad ogni modo, indipendentemente dall'esatta data del martirio, la storia è questa: Paolo giunse a Roma per appellarsi all'imperatore ed esser processato in quanto cittadino romano, contro le accuse mosse contro di lui dagli ebrei ortodossi rigorosi seguaci dell'«Halakhah» che dopo la sua conversione lo videro come una minaccia all'ebraismo tradizionale. Una volta a Roma, sebbene detenuto, continuò il suo insegnamento della fede cristiana a tutti coloro che gli facevano visita in carcere, inclusi i membri della comunità ebraica, gli stessi cristiani e qualcuno non. Questo soggiorno coatto di due anni fu l'ultimo periodo della sua vita descritto nell'opera "Actus Apostolorum".
L'Apostolo della gente approdò a Roma nel periodo del mecenatismo imperiale del controverso imperatore Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus in perpetuum "Nerone". Era quella per la città eterna un'epoca di grande fermento culturale caratterizzato dalla fioritura di figure come Seneca, Lucano, Petronio e non solo, con un periodo di regno stabile, purtroppo seguito da un peggioramento del carattere del "dominus" che culminò in incerti ed oscuri eventi come l'incendio di Roma del 64 dopo Cristo che durò ben sei giorni e distrusse gran parte della città. Ecco un estratto degli "Annales" che Publio Cornelio Tacito scriverà pochi anni dopo riguardo quell'ecatombe di fuoco: «Ebbe inizio in quella parte del Circus Maximus vicina al Palatino e al Celio; qui attraverso le botteghe che contenevano merci combustibili, il fuoco appena acceso e subito rafforzato e sospinto dal vento si propagò rapidamente per tutta la lunghezza del circo. Non vi erano infatti né case con recinti di protezione né templi circondati da muri, né alcun altro impedimento; si diffuse impetuoso nelle zone pianeggianti, salì nelle parti alte, poi tornò a scendere in basso, distruggendo ogni cosa, precedendo i rimedi con la velocità del flagello». Per evitare di non essere sospettato l’imperatore accusò i seguaci del cristianesimo che aveva da poco iniziato a diffondersi in città.
Gaio Svetonio Tranquillo nella sua opera "De vita Caesarum" narra che:
«L'imperatore sfruttò al massimo la situazione e fece cadere tutte le colpe dell'incendio doloso sui cristiani, alimentando le superstizioni popolari contro di essi in particolare quella di praticare una religione illecita. Ne furono arrestati a centinaia, e il popolo romano si scatenò contro questa comunità che venne decimata. Scattarono le denunce nei confronti d'una minoranza inerte che subì processi sommari per accuse inconsistenti. Le condanne a morte furono atroci, per crocifissione o rogo oppure sbranamento da parte di animali feroci dentro il Colosseo. Alcune fonti riferiscono di cristiani costretti ad indossare pelli d'animali e fatti morire dilaniati dai morsi di cani affamati. Altre raccontano di corpi che furono considerati come torce umane per rischiarare le notti di Roma».
Tra questi poveri esseri umani, ci fu anche Paolo di Tarso che venne trasferito con la forza su un carro dal "Carcer Tullianum" (Mamertino) ove era rinchiuso, che lo trasportò a circa diciotto chilometri fuori dall'urbe percorrendo l'antica via Laurentina verso un'area sacra in una piccola valle denominata «ad aquas salvias» ove sorgevano tre sorgenti d'acqua. Secondo alcune fonti storiche il nome del luogo era legato alla patrizia "gens Salvia" della quale non se ne ha più notizia dopo il 175 dopo Cristo. Secondo altre fonti l'imperatore voleva che fossero eseguite in quel luogo le giustiziazioni in quanto sacro luogo di purificazione legato a una vasta coltura di salvia (dal latino "salvus" che significa "sano") pianta erbacea perenne sempreverde, aromatica, per gli antichi romani pianta sacra che doveva esser raccolta con un rituale particolare, senza l'intervento d'oggetti di ferro, in tunica bianca e con i piedi scalzi e ben lavati, proprio perchè consacrata a «Salus» la dea che assicurava la salute e il benessere sia dei singoli cittadini che dell'intero stato romano. Ebbene in questo solenne luogo, in un'ambigua mescolanza storica di religioni e fedi, il martire di Tarso fu "decollato" ossia gli fu tagliata la testa dal collo con un taglio netto e preciso per mezzo d'un pesante spadone sollevato a due mani. La decapitazione per i romani era considerata un'esecuzione "onorevole" più rapida, nonché un'alternativa "meno crudele" riservata solo a chi era ufficialmente cittadino dell'impero. Mentre la crocifissione era un supplizio più umiliante riservato agli schiavi o a persone ree, non considerate romane, nonché ai nemici di Roma.
Secondo la tradizione, dopo la decapitazione il corpo di Paolo di Tarso fu richiesto ai giustizieri da una ricca e influente matrona romana segretamente convertita alla fede cristiana proprio dal santo, la quale dopo aver assistito prostrata e impotente alla scena del martirio fece prelevare i resti dai suoi fedeli schiavi, lo fece trasportare su un carretto a ritroso verso l'urbe lungo la via Ostiense a circa due miglia dal luogo della decapitazione in'un'area sepolcrale pagana. Questa nobile matrona di nome Lucina rese possibile far seppellire l’Apostolo in quella necropoli pagana, anche se cristiano, in quanto cittadino romano. La sua tomba divenne subito oggetto di venerazione, su di essa fu edificata un "tropaeum memoriale" ove, sia durante i secoli di persecuzione romana, che dopo si recarono a pregare fedeli di Cristo, pellegrini e non, attingendo le forze per proseguire l’evangelizzazione del sommo martire. La testa di Paolo fu rinvenuta in un secondo momento ed è conservata, sopra il ciborio della Basilica di san Giovanni in Laterano insieme a quella di Pietro, sepolto nelle Grotte Vaticane. Stando al "Martirologio Romano" i due furono uccisi nello stesso giorno.
I resti mortali di San Paolo e San Pietro sono accomunati anche dalla sorte. Durante le crudeli e disumane persecuzioni acuitesi con gli imperatori successivi, in particolar modo Domiziano, Settimio Severo, Commodo, Massimino il Trace e non solo, i sarcofaghi di Pietro e Paolo furono entrambi messi al riparo all'interno delle Catacombe di San Sebastiano. Lo documentano alcuni graffiti rinvenuti nel sito archeologico lungo la "regina viarum" (via Appia). Successivamente le spoglie dei due patroni di Roma furono ricondotte nei luoghi d'inumazione originari. Passarono circa due secoli e mezzo, arrivò il 28 ottobre del 312 dopo Cristo fatidico e glorioso giorno della battaglia di Ponte Milvio. Costantino il Grande trionfò e con lui solo dopo un anno il cristianesimo venne liberalizzato con l'editto che concesse finalmente l'emancipazione. Avvenne un incontro tra i due maggiori sovrani dell'epoca nel "Palazzo Imperiale di Mediolanum" (i cui resti sono visibili ancora oggi in via Brisia nel centro del capoluogo lombardo) e ci fu un accordo storico tra Costantino (per l'Occidente) e Licinio (per l'Oriente) che concedeva la libertà di culto a tutti i cittadini dell'intero Impero Romano. Fu questo un concordato epocale propedeutico all'inarrestabile sviluppo della giovane Chiesa di Roma.

Il luogo dove fu sepolto San Paolo venne monumentalizzato, come testimoniato dal "Liber Pontificalis" con la creazione d'una piccola basilica, di cui oggi si conserva solo la curva dell'abside, visibile nei pressi dell'altare centrale. La basilica di Costantino venne consacrata il 18 novembre del 324 durante il pontificato del trentatreesimo papa Silvestro I.
Nonostante varie tumultuose peripezie, la basilica di San Paolo fuori le mura conserva e custodisce ancora oggi la tomba del santo, ornata da una croce dorata a poco meno d'un metro e mezzo sotto l’attuale "Altare Papale". Il sarcofago massiccio è sul livello al di sotto degli “Altari della Confessione”. Nel corso di recenti lavori è stata praticata una larga finestra per permettere ai fedeli di poter vedere e pregare nei pressi della Tomba dell’Apostolo di Tarso.
La scomparsa e la ricomparsa del sarcofago
Il sepolcro dell'apostolo Paolo durante i secoli ha vissuto una tormentata odissea. Dopo esser stato sepolto sulla via Ostiense su volere della matrona romana Licinia, come sopra accennato, per proteggerlo dalla barbarie delle persecuzioni cristiane, fu trasportato insieme a quello di San Pietro in un nascondiglio, e solo anni dopo le salme dei due apostoli furono sepolte nei rispettivi sepolcri. Le ingiurie del terribile incendio della basilica fuori le mura nel 1823, fecero purtroppo perdere le tracce del sarcofago di San Paolo, perchè il loculo ove era posto fu ricoperto di calcestruzzo e il sepolcro cadde nel dimenticatoio. La recente riscoperta della sacra tomba si deve all'archeologo Giorgio Filippi conservatore dei Musei Vaticani grazie ad una campagna di scavi svolta tra giugno 2002 e maggio 2003. Filippi scoprì il sarcofago sotto l'altare della confessione e dimostrò che tale straordinario rinvenimento fosse quello dell'Apostolo della gente. L'archeologo volle tuttavia "precisare i termini" sostenendo che: «Parlare di ritrovamento è sbagliato, nessuno ha mai avuto dubbi sul luogo della sepoltura dell’Apostolo ove l’imperatore Costantino eresse la prima piccola basilica, rifatta e ampliata dagli imperatori Teodosio, Valentiniano II e Arcadio. In quell'antica epoca la tomba era inglobata in una struttura d’altare collocata esattamente dove oggi sorge l’altare papale, sotto il ciborio arnolfiano. Inoltre sotto il pontificato di Papa Leone Magno ci fu la costruzione d'una piattaforma presbiterale che causò la scomparsa del sepolcro sotto il pavimento, e nel sesto secolo, per consentire l’accesso alla tomba, fu scavata la cripta. Le trasformazioni avvenute nel corso dei secoli successivi fecero perdere il ricordo della forma e dell’aspetto esteriore del sepolcro». E così, dopo il Giubileo del 2000, si decise d'eseguire le attuali sistemazioni per ridare visibilità alla tomba di San Paolo.




















