QUEL VILLINO CHE SÀ DI NOBILE SICILIA di Claudio Di Giampasquale
Nei primi anni dello scorso secolo, fuori dalle Mura Aureliane sorsero nuovi quartieri per la residenza della borghesia romana, una classe che aumentava di giorno in giorno il proprio potere in una Roma capitale da circa trent’anni. Nell'area nordorientale tra le porte Pinciana e quella fatta edificare da papa Pio IV dove il venti settembre del 1870 si concentrò l'attacco delle truppe del Regno d'Italia contro la guarnigione pontificia, sorsero gradualmente dei meravigliosi quartieri di palazzine e villini di imprenditori, avvocati, notai liberi professionisti e artisti da poco giunti nell'appena proclamata capitale da ogni parte perchè legati al nuovo status politico-amministrativo della città.
Questi facoltosi borghesi per costruire le proprie residenze acquistarono porzioni dei terreno ricavati dai parchi delle grandi ville principesche e trasformati in lotti di terreno edificabile. Si manifestò un raffinato antagonismo mirato alla realizzazione del palazzo o palazzetto più bello, una competizione che fece il bene di quell'ampio quadrante cittadino e fu così che nacquero i più caratteristici quartieri della «Roma bene».
Nel cuore del quartiere Nomentano a piazza Galeno uno slargo di viale Regina Margherita tra via Nomentana e via Morgagni, nel 1902 venne edificato un magnifico edificio in stile liberty floreale che nulla ha da invidiare all’art nouveau francese. Fu voluto dallo scultore palermitano Ettore Ximenes, su progetto degli architetti Ernesto Basile e Leonardo Paterna Baldizzi.

La facciata principale prospetta su piazza Galeno con due piani divisi da un alto fregio scolpito a rilievo dallo stesso Ximenes a mo' di marcapiano separatore dei due livelli per interrompere esteticamente l’uniformità ocra del tufo siciliano che ricorda le residenze normanne. La preziosa decorazione rappresenta un corteo di scultori: dagli antichi egiziani, greci, e romani a quelli del medioevo fino agli artisti del rinascimento, del settecento e dell'ottocento tra cui probabilmente egli stesso. Fervido cattolico, Ettore Ximenes scolpì gli scultori nel procedere verso una direzione spirituale in cui la santità attraversi l’arte e la scienza: «Ars est artium regimen animarum» un riferimento contenuto nell'opera Regula pastoralis di San Gregorio Magno.


Questo lato dell'edificio è una fusione di pittura, scultura e architettura. Vi è al centro un'aquila con le ali spalancate sorretta da putti e altre allegoriche creature. Due festoni colmi di arance e melagrana tipici frutti siciliani che nella tradizione rappresentano la morte e la rinascita a nuova vita.
Ai lati della balaustra due alte mensole che terminano con lunghe aste di metallo. Sotto il cornicione dal quale sporgono delle creature degli inferi, vi è una decorazione di maioliche con sopra dipinte fronde d'aranci carichi dei loro frutti dorati a rappresentazione della terra dello scultore primo proprietario. Notevoli anche le finestre in «stile gotico catalano» con i davanzali rappresentati da vegetazione carica di frutti intrecciata a mo' di preziosi arabeschi realizzati dall'architetto Ernesto Basile. La raffinatezza nella scelta e nell’accostamento dei materiali che compongono la facciata principale è uno dei maggiori pregi esterni della costruzione, che negli altri tre lati appare in un liberty meno vivace.
Guardando il villino da piazza Galeno, il fianco sinistro si affaccia su via Bartolomeo Eustachio, mentre quello destro su via Cornelio Celso ove al civico 1 vi è è l'ingresso.
Con l'ausilio dei due piu prestigiosi architetti palermitani dell'epoca, Ettore Ximenes fece edificare la sua "casa studio" richiamando artisticamente la sua amata Sicilia, attraverso una singolare "contaminatio" di elementi decorativi floreali e del quattrocento siciliano, nella più romantica intenzione di ritrovare qui nella capitale una tradizione storica palermitana ancor più che nazionale della giovane Italia.
Notevole la decorazione interna, per lo più opera dello stesso Ximenes, che va dalle storie medievali affrescate nell'ingresso alle incorniciature del «fumoir » (la sala in cui i gentiluomini si ritiravano a confabulare tra affari e il vizio del fumo di pipe e sigari, sorseggiando bicchieri e calici di liquori e vini pregiati) con piccole ghirlande e farfalle alle sovrapporte e all'arco del salone. Pannellature in legno, vetro, cuoio e finto oro sono presenti lungo tutte le pareti insieme a ripiani sorretti da mensole floreali.
Gran parte degli ornamenti sono frutto di un accurato restauro orientato al ripristino delle parti mancanti. Purtroppo un’importante modifica è stata apportata al lato sinistro dell’edificio, sede dell’atelier di Ximenes denominato “Galleria delle Statue”, che recava due grandi e bellissimi pilastri sagomati con figure femminili, oggi del tutto scomparsi.
La Sala del Sole con il suo soffitto a bolle dominato dalle tonalità azzurre. Il Vestibolo con affreschi ispirati a storie medievali. La Sala centrale con il soffitto a cassettoni. La Sala delle arti con le pareti decorate con festoni di crisantemi che sebbene oggi è un fiore usato per tristi eventi, nel corso della storia ha rappresentato la gioia, la convivialità e addirittura la passione.








La sala da pranzo è l'ambiente più completo nel prezioso mobilio originale, tra cui cassettoni, con alzate di vetro sorrette da leggeri steli floreali in ferro battuto che formano lampade. Vi sono presigiose scaffalature lungo il muro e un bellissimo tavolo. Accanto al piano una vetrata si affaccia su quello che un tempo era il giardino, pensato a naturale continuazione degli elementi decorativi vegetali presenti all’interno, il pavone è utilizzato come modulo decorativo. Il soffitto è decorato in stucco da una danza di splendide ninfe a rilievo che sorreggono il cerchio a cui è appeso un lampadario.
Il Villino Ximenes è visitabile il martedì e sabato ore 10.30-12.30 con permesso richiesto alla Residenza Universitaria Villa Ximenes