GALLERIA BORGHESE, SALA DEL SILENO la Roma del Caravaggio

Immersa nel verde della splendida Villa Borghese in piazzale Scipione Borghese 5 la "Galleria Borghese" ospita tuttora gran parte della collezione d'arte iniziata da Scipione Borghese, cardinal nipote di papa Paolo V, cui si deve anche la costruzione della villa stessa. Vi sono esposte opere di Gian Lorenzo Bernini, Agnolo Bronzino, Antonio Canova, Caravaggio, Raffaello, Perugino, Lorenzo Lotto, Antonello da Messina, Cranach, Annibale Carracci, Peter Paul Rubens, Bellini, Tiziano, eccetera, eccetera. Si può considerare unica al mondo per quel che riguarda il numero e l'importanza delle sculture del Bernini e delle tele del Caravaggio. Ecco in particolare quelle del nostro Caravaggio che potrai ammirare esposte nella sontuosa Sala del Sileno:

san girolamo scrivente

eseguito su commissione del cardinale Scipione Borghese nipote di papa paolo v, questo capolavoro è caratterizzato da un'intensa drammaticità ottenuta attraverso il gioco di luce e ombra, un forte realismo nella resa dei dettagli anatomici e l'uso di simboli come il teschio, che allude alla morte e al confronto con la Parola di Dio. san girolamo tradusse in latino parte dell'Antico Testamentogreco e, successivamente, l'intera Scrittura ebraica, rendendosi autore della diffusione del Verbo divino. in questo maestoso dipinto caravaggio incarna lo studioso nell'atto della trasposizione scritturale in un'ambientazione essenziale dominata da un tavolino con volumi e da drappi rossi e bianchi. Caravaggio ritrae il santo mentre è concentratissimo ed impegnato nel tradurre la Bibbia dall’ebraico al latino. Con una mano sta tenendo il libro aperto, con la testa cerca di avvicinarsi per leggere meglio e si sta concentrando (lo puoi vedere dalle evidenti rughe dovute all’impegno oltre che all’età), e poi, stringe nell’altra mano una penna bianca che sta utilizzando per trascrivere la sua traduzione. Alla scarsità di elementi nella composizione fa eco anche la sobria varietà di colori: salta subito all’occhio quel rosso intenso del mantello di san Gerolamo, poi c’è anche il bianco della veste ripiegata sotto ai libri sul tavolo a sinistra, che si ripete in modo più leggero anche nel libro aperto sotto il teschio, ed infine c’è anche un marrone più chiaro, utilizzato per lo scheletro ed anche per alcuni tratti della pelle di Girolamo (mischiato ad un marrone più scuro, utilizzato solo per la testa del protagonista). ogni elemento ha nel dipinto un significato simbolico determinato anche dalla sua collocazione. Per esempio il capo reclinato del santo istituisce un rimando spaziale al teschio poggiato sulla scrivania.

madonna dei palafrenieri

Il dipinto fu commissionato nel 1605 dai membri della potente arciconfraternita dei Palafrenieri responsabili delle scuderie pontificie (Custodivano il cavallo personale del papa e i suoi finimenti, nonché gli altri preposti al traino della carrozza pontificia, di cui loro stessi erano conduttori). l'opera raffigura Maria, ritratta mentre schiaccia con l'aiuto di Gesù un serpente ai suoi piedi, simbolo del peccato, assistiti da Anna, madre della Vergine e protettrice dei confratelli (palafrenieri). Sant'nna è raffigurata come un'umile e vecchia popolana, dal volto grinzoso segnato dal tempo. I primi due personaggi appaiono molto più dinamici rispetto a sant'Anna che segue solo con lo sguardo l'azione. C'è un ottimo gioco di volumi e un'armonia di solidi a contrasto (ad esempio il petto della Madonna e le pieghe dei vestiti) che conferiscono un’estrema verosimiglianza al dipinto. Inoltre la luce gioca un ruolo fondamentale nel dipinto: una proviene da sinistra ed ha il ruolo di formare le immagini ed il volume, l'altra proviene dall'alto e potrebbe simboleggiare il lume della Grazia divina. La tela fu ispirata dal secondo passo della Genesi (III.15), Si riferisce alla maledizione pronunciata da Dio dopo il peccato originale, ponendo una separazione eterna tra il serpente (simboleggiante il male e Satana) e l'umanità, simboleggiata dalla donna e la sua discendenza. La profezia preannuncia la vittoria futura del Messia (la stirpe della donna) sul male: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».

david con la testa di golia 

eseguito con tutta probabilità a Napoli, Il dipinto si colloca negli anni della fuga di Caravaggio dopo la condanna a morte per omicidio. È uno dei suoi ultimi dipinti e probabilmente il più drammatico. Raffigura il giovane David che mostra, reggendola per i capelli, la testa mozza del gigante Golia. In quella testa c’è l’ultimo, tragico autoritratto dell’artista. Caravaggio s'è ritratto come un morto decapitato, sottolineando i dettagli macabri, gli occhi spenti e stralunati, la bocca aperta con la lingua girata all’indietro nell’ultimo grido, il sangue che scende copioso. vi sono numerose letture in chiave psicoanalitica di questo capolavoro. nel confronto con gli altri supposti autoritratti dell'artista Caravaggio appare ora invecchiato e stanco, con pesanti segni sotto gli occhi e la fronte percorsa da rughe. Il buio che inghiotte la spalla di David ha la profondità delle tenebre dell'inferno. David non manifesta un fiero atteggiamento di trionfo mentre regge e osserva il capo mozzato di Golia che rappresenta il risultato del dramma umano vissuto dall’artista nella sua breve esistenza. l'espressione dell’eroe d’Israele sul gigante filisteo rappresentato dal volto dell'autore dell'opera, è piuttosto di pietà verso quel "reale peccatore”. L’episodio biblico diventa quindi impressionante testimonianza degli ultimi mesi di vita di Caravaggio, rendendo plausibile l’ipotesi secondo la quale il pittore avrebbe inviato la tela al cardinale Scipione Borghese, quale dono da recapitare al pontefice Paolo V per ottenere il perdono e il ritorno in patria. La grazia fu accordata ma Caravaggio, quasi al termine del viaggio verso Roma, morì sulla spiaggia di Porto Ercole per circostanze ancora misteriose.

Fanciullo con canestro di frutta

L'opera risale al periodo in cui Michelangelo Merisi lavorava presso la bottega del Cavalier d’Arpino e rappresenta un giovane, in posa di tre quarti mentre regge un canestro colmo di foglie e frutti autunnali: pomi e grappoli d’uva, che presentano le tipiche imperfezioni della natura. Probabilmente una finestra posta in alto sulla sinistra lascia penetrare nella stanza un raggio di luce che illumina sulla parete e diviene protagonista alle spalle del ragazzo riverberandosi sul corpo del giovane e sul canestro colmo di frutta mettendo in risalto le caratteristiche del contenuto: la consistenza delle bucce, le irregolarità, fino all’imperfezione delle foglie secche e macchiate che sbucano in primo piano dalla cesta. Notevole, in quest'opera, l'estremo realismo con cui Caravaggio realizza ogni dettaglio: il fanciullo non è idealizzato e ha i lineamenti propri dei ragazzi del tempo, e perfino la frutta è priva di interpretazioni estetizzanti, presentando tutte quelle imperfezioni che si ritrovano in natura. Sono senza dubbio evidenti la voluta sottile sensualità del ragazzo con la bocca schiusa come se cantasse e il gesto dell’offerta della canestra. Caravaggio concentra la sua attenzione sulla figura umana associata alla natura offerta. l'espressione di sbarbatello del giovane languida e femminea, le labbra semiaperte e rosse carnali, il volto piegato a sinistra, le guance arrossate, la spalla nuda ed esposta, offrono Una lettura in un'ambigua chiave omoerotica che porta a sostenere che il ragazzo non offre la frutta, ma se stesso. Il dipinto, infatti, costituisce una prova mirabile di rappresentazione del vero In un'epoca in cui la religione cattolica considerava i rapporti omosessuali come contrari alla legge di Dio e alla natura, imponendo dure condanne morali. questo capolavoro faceva parte del gruppo di opere che fu requisito nel 1607 a Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino, accusato dagli emissari di Paolo V di evasione fiscale e di possesso illegale di armi da fuoco. Fu lo stesso papa a far dono del dipinto al nipote cardinale Scipione Caffarelli-Borghese, noto e avido collezionista. Fu così che "il fanciullo con canestro di frutta " divenne parte della collezione dell'odierna Galleria Borghese.

san giovanni battista

La trama dell’immagine di questo dipinto è presa in prestito dal Vangelo. l'opera venne realizzata da caravaggio nella primavera del 1610 a Napoli per il Cardinale Scipione Borghese affinché egli potesse restituirgli la libertà negatagli con la condanna a morte da lui firmata. San Giovanni Battista appare come un uomo molto giovane, in una posa semplice e rilassata, con lo sguardo pensieroso che poggia il piede sinistro su un tronco tagliato e il rispettivo braccio sulla improvvisata spalliera, ponendovi sopra la mano destra come per aiutarsi a sostenere la lunga canna che regge con la mano sinistra. È quasi interamente nudo, salvo il panno bianco che nasconde l'inguine avvolgendo il fianco sinistro e scendendo sulla coscia destra. Lo sguardo è rivolto a chi guarda. Alla sua destra è rappresentato un ariete, colto nell'atto di brucare dei pampini della vite che si inerpica sulle rocce dello sfondo. probabilmente la massiccia figura del montone sostituisce l'agnello, certamente più consueto alla raffigurazione del Battista generalmente ritratto come un uomo maturo e sapiente, mentre qui è un giovinetto immerso nei suoi pensieri il cui aspetto trasuda tristezza. è rappresentato disteso, più che seduto, su un ampio drappo rosso che è il suo mantello e che copre una sorta di sedile naturale.Dall'analisi delle indagini radiografiche condotte sul dipinto emerge come il fondo sia stato lasciato abbozzato, quasi allo stato preparatorio.

Bacchino malato

Un autoritratto di Caravaggio realizzato subito dopo il suo ricovero all’ospedale della Consolazione ai piedi del Campidoglio (Oggi sede del Comando del Corpo della Polizia Locale di Roma Capitale) all'epoca nosocomio specializzato nella cura dei "bulli” che a Roma si sfidavano nelle strade e arrivavano feriti. anche quest'opera venne realizzata da caravaggio presso la bottega di Giuseppe Cesari, meglio conosciuto come il Cavalier d'Arpino. In questo dipinto nel quale rappresenta sè stesso, il facinoroso artista sembra porre l'accento sulla malattia di Bacco, sottolineando il pallore del volto e il colore bluastro delle labbra e non attenuando per nulla le imperfezioni del corpo umano. È evidente che, per autoritrarsi, Merisi abbia fatto uso di uno specchio. Su di un piano rettangolare sono disposti alcuni frutti, uva nera e due pesche. Oltre la lastra di pietra si trova il protagonista seduto, Il corpo è rivolto a destra con il busto e le gambe di profilo rispetto al piano pittorico. Intorno al corpo indossa un panno leggero e chiaro annodato sul davanti. Le gambe s'intravedono appena poiché sono coperte dal piano alla vista dell’osservatore. Il braccio destro, invece è completamente esposto, portato in avanti e flesso verso il volto. Nella mano il bacchino stringe un grappolo d’uva bianca. Il viso è rivolto verso il centro ma non completamente. Lo sguardo punta verso sinistra in basso con un’espressione pensierosa e assente. Le labbra pallide e malate accennano ad un sorriso sofferente. Intorno al capo una corona di rami intrecciati, i capelli sono coperti da molte foglie d’edera che scendono verso la schiena. Lo sfondo è bidimensionale e scuro. si presume che l’opera possa rappresentare la resurrezione dalla malattia da cui era reduce michelangelo Merisi.