PALAZZO BARBERINI, GALLERIA NAZIONALE D'ARTE ANTICA la Roma del Caravaggio

Palazzo Barberini si trova in via delle Quattro Fontane 13. Ospita parte dell'importante Galleria Nazionale d'Arte Antica e l'Istituto Italiano di Numismatica. Fu concepito quale coronamento dell’ascesa al soglio pontificio del fiorentino Maffeo Barberini, incoronato il 5 agosto del 1623, con il nome di Urbano VIII. La straordinaria bellezza di questo imponente edificio nobiliare risiede nel suo essere un capolavoro dell'architettura barocca, con la grandiosa volta affrescata da Pietro da Cortona nel salone di rappresentanza, le due scenografiche scalinate progettate da Bernini e Borromini, e la ricchezza della Galleria Nazionale d'Arte Antica ospitata al suo interno. Un'esposizione che mette in mostra opere di grandissimi artisti, con una collezione eccezionale di circa mille e quattrocento capolavori che spaziano dall'undicesimo al diciassettesimo secolo, tra i quali s'annoverano in mostra permanente "La Fornarina" di Raffaello nonché "Giuditta e Oloferne" e "Narciso" di Caravaggio queste due opere di Merisi sono esposte generalmente nelle sale: ventiquattro (la prima) e venticinque (la seconda). Tuttavia, la collocazione esatta può variare a causa dei riallestimenti e delle mostre temporanee durante l'anno, quindi è consigliabile verificare sul sito ufficiale delle Gallerie.
giuditta e oloferne
Realizzato da caravaggio nel 1603, questo capolavoro si riferisce all'episodio biblico in cui Giuditta, una vedova ebrea, salva il suo popolo decapitando Oloferne, generale dell'esercito assiro che assedia Betulia la sua città. uccidendolo dopo un banchetto in cui era stato fatto ubriacare, decapitandolo e portando poi il capo ai suoi concittadini. lo sfondo è scuro e dalla luce che rivela i contrasti dei volti e gli stati dell'animo dei protagonisti. è presente un panneggio rosso porpora in alto a sinistra e una parte minima del letto su cui giace Oloferne. Caravaggio è rimasto fedele al clima dell'episodio biblico, facendo decapitare il generale con una daga mediorientale, ma ha anche attualizzato la scena, poiché l'abbigliamento di Giuditta è quello tipico delle donne a lui contemporanee. Il pittore fissa la vetta emotiva nell'immagine di Oloferne: lo sguardo vitreo farebbe supporre che sia già morto, ma lo spasmo e la tensione dei muscoli indurrebbero a pensare il contrario. Giuditta, invece, sembra adempiere al suo compito con molta riluttanza: le braccia sono tese, come se la donna volesse allontanarsi il più possibile dal corpo di Oloferne, e il suo volto è contratto in un'espressione mista di fatica e orrore. Accanto a Giuditta, Caravaggio ha inserito una serva molto vecchia e brutta, come simbolico contraltare alla bellezza e alla giovinezza della carnefice. In questo modo l'autore sottolinea una differenza enorme tra le due figure che fa risaltare la bellezza estetica di giuditta. La crudezza dell'immagine è espressa attraverso la rappresentazione dello sforzo fisico, del sangue e della violenza dell'atto, dove si sottolinea il dramma universale del rapporto tra carnefice e vittima e l'orrore della violenza stessa
NARCISO
Il formato verticale della tela, dipinta alla fine del sedicesimo secolo, concede al pittore di dar vita a una figura quasi perfettamente doppia. Le braccia disposte ad arco di Narciso seguono l'andamento della tela, e dal suo profilo chino emerge delicatamente lo sguardo anelante e sofferente. l'intenzione dell'autore è come una sorta di critica sottile alla vanità, all'eccesso d'autostima e all'autoreferenzialità, temi assai attuali al giorno d'oggi. l'opera, caratterizzata dal tipico chiaroscuro caravaggesco, dipinge un'immagine che guarda sé stessa riflessa nello specchio d'acqua. fa emergere il protagonista dall'oscurità circostante, stigmatizzando un amore eccessivo per se stessi, dove l'individuo s'innamora della propria immagine, ignorando la realtà circostante. Caravaggio usa il gioco di specchi per suggerire il concetto di doppio e il "doppio che è dentro di noi", invitando a una riflessione sulla ricerca di sé e sull'umana distinzione tra realtà e illusione. La tecnica del chiaroscuro mette in risalto il viso e il corpo di Narciso, creando un'atmosfera intima e teatrale, mentre l'oscurità avvolge il resto della scena, aumentando la drammaticità. In modo significativo, l'immagine riflessa nell'acqua appare meno nitida e più cupa, un presagio dell'infelice epilogo e un elemento che attesta la scelta del pittore di focalizzarsi sull'attimo prima del disfacimento. Alcuni studiosi ipotizzano che il giovane Caravaggio abbia usato sè stesso come modello per questo dipinto, posizionando due specchi per ricreare l'immagine di Narciso e dipingendo il suo stesso volto.