IL MAUSOLEO DI AUGUSTO E I SUOI SACRI CIPRESSI di Claudio Di Giampasquale

Per gli antichi romani il cipresso era una pianta sacra, connessa al dio Plutone (per i greci Ade) e alla sfera del lutto. Ancora oggi lo è, simbolo dei cimiteri, per la sua forma slanciata verso l'alto che lo associa all'immortalità e all'anima che ascende verso il cielo. Eppoi proprio come accade al corpo d'un essere umano quando cessa le sue funzioni vitali, anche il cipresso una volta tagliato non torna a buttar fuori nuovi rami o radici; purtroppo quel che resta del suo tronco resta inerte, incapace di generare nuova vita. La polemica sui cipressi di piazza Augusto Imperatore a Roma relativa all'abbattimento nell'autunno 2025 di diversi esemplari di questi alberi secolari, per il restauro del Mausoleo di Augusto, ha scatenato indignazione, innanzitutto perchè sono una specie vegetale "rara avis".  Vero è che gli alberi abbattuti erano malati. Vero è che curare i cipressi è difficilissimo. Vero è che il Comune di Roma prevede di ripiantarne di nuovi più giovani e sani. Tuttavia i romani hanno vissuto questo'evento alla stregua d'un "sacrilegio". Vediamo la storia di questo luogo e perchè il popolo di Roma è profondamente offeso.

Il titolo sacro di 'Augustus' al fondatore dell'impero

La costruzione del Mausoleo di Augusto iniziò nel 28 avanti Cristo tre anni dopo la battaglia navale di Azio (un promontorio della Grecia occidentale) che concluse la guerra civile tra Gaius Octavius (Augusto) e Marcus Antonius alleato al "Regno tolemaico d'Egitto" di Cleopatra. Il futuro primo imperatore di Roma aveva trentacinque anni quando trionfò. Soprannominato "Ottaviano Thurinus", il vincitore decise di diventare imperatore l'anno successivo quando dopo aver formalmente restituito i poteri al Senato, quest'ultimo gli conferì il titolo onorifico di "Augustus" (sacro, maestoso, consacrato dagli àuguri) segnando l'inizio del suo Principato. Ottaviano fu un grande uomo e come tale "pensava in grande". Trasformò di fatto la Repubblica Romana in Impero, e subito dopo decise un'imponente opera d'abbellimento urbano e rifondazione morale della città eterna. Nel grande piano urbanistico di Augusto per il Campo Marzio, ci furono il Pantheon, l'Ara Pacis, l'Orologio solare ossia un obelisco egizio (oggi davanti a Montecitorio) che con la sua ombra segnava l’ora su un’enorme meridiana. Tra innumerevoli opere ci fu anche la costruzione d'un sepolcro dinastico imperiale con delle dimensioni monumentali cilindriche di ottantasette metri di diametro.

C'è una minuziosa descrizione dell'aspetto originario della zona ci arriva dal geografo greco Strabone che descrisse dettagliatamente il mausoleo durante l'impero di Tiberio (il successivo dopo quello di Augusto) nella sua opera «Gheographiká» (Geografia): «...Considerando questo luogo estremamente sacro, furono costruite qui le tombe degli uomini e delle donne più illustri, il più prezioso è il mausoleo su un'alta piattaforma di pietra bianca di fronte al fiume. In un ampio spazio di terreno che s'estende fino alle cime dei sempreverdi dei Cupressus. All'estremità opposta si trova la statua del venerabile Cesare Augusto, ove sotto terra si trovano le tombe sue, dei suoi parenti e della sua famiglia e dietro di esse si trova un grande bosco con meravigliosi sentieri...» Strabone scrisse la sua opera in greco antico e per nominare la vegetazione intorno al mausoleo utilizzò un termine che non significava semplicemente "bosco in quanto un insieme d'alberi" bensì d'una solenne area sacra, che per oltre un secolo mantenne rigorosamente la funzione di sepolcro della dinastia «Giulio Claudia». L'ultima insigne sepoltura fu quella di Nerva, ricordato come uno dei migliori imperatori di Roma, nonostante abbia governato solo due anni. Il maestoso sepolcro fu riaperto nell'anno 217 dopo Cristo per accogliere le ceneri della nobildonna "Giulia Domna" augusta dell'Impero in quanto moglie dell'imperatore Settimio Severo. Giulia, nata ad Emesa in Siria, era figlia d'un sacerdote del dio Sole. Fu una delle prime donne della storia ad esercitare un'influenza e un potere eccezionali dietro il trono del suo consorte e di suo figlio "Marco Aurelio Antonino" meglio conosciuto dai posteri col nome di "Caracalla" derivante da un particolare mantello militare gallico col cappuccio, chiamato appunto "caracallis", che l'imperatore aveva l'abitudine d'indossare in pubblico.

la devastazione dei visigoti di alarico, le dispersioni e i furti

Il punto di svolta cruciale e drammatico per il mausoleo fu nel quarto secolo con il «Sacco di Roma» perpetrato dai Visigoti barbari germanici di Alarico, i quali contribuirono non poco con la loro crudeltà alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente. Quello del 410 fu purtroppo un evento sconvolgente per la città eterna che per tre giorni, dal 24 al 27 agosto, fu assediata, violentata e saccheggiata brutalmente "sine pietas" dai feroci barbari nordeuropei. Fu un disastro che causò un profondo shock morale e psicologico in tutto l'Impero. Ebbene il Sacco di Roma che in quell'estate del quarto secolo dopo Cristo mise in ginocchio la città caput mundi, segnò senza rispetto l'inizio della violazione del sepolcro augusteo con il furto di tutto quello che c'era dentro e il decadimento della struttura che da allora nei secoli successivi venne spogliata anche d'ogni decorazione.

Le ceneri del primo imperatore di Roma e dei suoi cari furono scelleratamente gettate nel caos e disperse; solamente l'urna con le ceneri di Agrippina (figlia di Augusto e madre di Caligola) fu uno dei pochi reperti sopravvissuti, ma durante il medioevo fu meschinamente aperta, svuotata e utilizzata nel Porto di Ripetta come misura per il grano, oggi è conservata nei Musei Capitolini sul Campidoglio. Le tavole di bronzo delle preziosissime "Res gestae divi Augusti" vennero divelte dalle pareti, trafugate e fuse. Buona parte dei marmi del mausoleo fu ridotta in calce nei forni del vicino porto fluviale di Ripetta. Eccetera, eccetera; in sostanza fu uno scempio d'incommensurabili valori storici. Leggenda narra che dopo la scellerata dissipazione nel nulla delle ceneri di Ottaviano Augusto il suo prezioso sarcofago trafugato venne trasportato e conservato in terra teutonica, ove Federico Barbarossa nel 1167 decise di seppellirvi degnamente Carlo Magno quale fondatore del nuovo impero germanico; tuttora conservato nel tesoro della cattedrale di Aquisgrana.   

trasformazione in una fortezza della nobile famiglia "colonna"

Ma torniamo sulle sponde del Tevere. Il luogo di Campo Marzio soggetto nei secoli alle inondazioni incontrollate del Tevere, subì anche il crollo degli obelischi egiziani posti all'ingresso del sepolcro augusteo che divenne come tanti altri palazzi della Roma dei Cesari una cava di pietre e marmi. Nel dodicesimo secolo, i resti dell'antico mausoleo vennero utilizzati per scopi militari dalla potente famiglia aristocratica dei Colonna che lo trasformarono da tomba imperiale a fortezza, approfittando della posizione strategica di quell'area di Campo Marzio e della sua solidità costruttiva.

Naturalmente la funzione militare era incompatibile con la presenza del sacro bosco di cipressi e soprattutto con le funzioni originarie del luogo edificato per ospitare le spoglie del divino Augusto. E così, purtroppo i Colonna, storica casata patrizia romana tra le più antiche documentate dell'urbe, in quell'epoca buia di lotte intestine non ebbe la minima intenzione di rispettare il significato della struttura, rimossero ogni elemento vegetale che potesse ostacolare la difesa violando completamente il significato del mausoleo. Successivamente, più o meno intorno al sedicesimo secolo, buona parte delle strutture esterne ed interne dell'enorme monumento erano ormai crollate e interrate.

il giardino all'italiana di anton francesco soderini

Il Mausoleo di Augusto cadde in stato d'abbandono con un progressivo decadimento dovuto all'incuria. Accadde che il nobile Anton Francesco Soderini si trasferì a Roma da Firenze ed andò ad abitare in una zona che oggi ricorda il suo passaggio nella città dei papi tramite una viuzza che un tempo era chiamata vicolo Soderini, ora parte di via della Frezza a due passi da piazza Augusto Imperatore e (per i visitatori curiosi amanti della cucina romana) vicino a dove oggi c'è il ristorante "Cucina dé coccio" aperto dall'attore romano Claudio Amendola.

Ma torniamo indietro nel Cinquecento, ebbene, l'esteta Anton Francesco Soderini a cui piacevano le cose belle e di significato, comprendendo le antiche funzioni del luogo, acquistò le imponenti rovine sotto l'ombra di ciò che restava del bosco di cipressi e sfruttando il riempimento di terra e detriti che aveva colmato l'interno del cilindro murario del grande rudere, ne fece trasformare la sommità in un raffinato giardino all'italiana. Ossia un parco rialzato recintato impostato nel rialto che anticamente corrispondeva al secondo anello del divino sepolcro. Il bellissimo" parco aereo" è testimoniato dall'incisione realizzata nel 1575  col bulino su metallo, dall'architetto parigino Étienne Dupérac, puoi meglio vederla se clicchi sull'immagine qui di seguito.

l'anfiteatro correa e l'uso ludico del sacro monumento

Nel Settecento il mausoleo venne acquistato prima dal ramo romano della famiglia dei Fioravanti, i quali lo cedettero al marchese portoghese Vincenzo Mani Correa De Sylva, che risiedeva in piazza San Lorenzo in Lucina ed era proprietario del palazzo costruito a ridosso del monumento. Il nobile Correa decise d'adattarlo ad anfiteatro, che prese per l’appunto il nome di "Anfiteatro Correa" che fu palcoscenico e arena di giostre, tornei cavallereschi, rappresentazioni teatrali, fuochi d’artificio e addirittura di "corride portoghesi", meno cruente delle tradizionali, ove il toro veniva poi portato via vivo dall'arena. In un sonetto di Giuseppe Gioacchino Belli intitolato «La giostra ar Corea», il poeta fa rivivere in versi quel mondo folkloristico e vivace che animò per un non breve periodo la zona: «Cristo che carca è pieno come n'ovo. Nun ce capeva ppiù n'ago dé miglio, le gradinate poi. Io e mi fijo parémio proprio dú purcini ar covo». Insomma l'ex luogo sacro divenne un area di divertimento sulle dimenticate e "gettate alle ortiche" sepolture imperiali. Queste rappresentazioni proseguirono per molti anni.

"politeama umberto i" e poi  "auditorium augusteo"

Nel diciannovesimo secolo il teatro fu dotato di gradinate e palchi in muratura e divenne proprietà della Camera Apostolica. Con la caduta dello Stato Pontificio, passò al Regno d'Italia; ospitò uno storico banchetto in onore di Giuseppe Garibaldi. In seguito, il teatro fu acquistato dal conte Giuseppe Telfner e fu munito di un’artistica copertura a cupola in vetro e ferro. Venne inaugurato nel 1881 come "Politeama Umberto I". Fu così che nel 1907, il sito fu ceduto al Comune di Roma il quale provvide a ristrutturarlo e a rifarne una copertura in metallo che permise una straordinaria acustica per i concerti di musica classica, opera e operetta. Dal 1911 prese il nome di "Auditorium Augusteo". Mercoledì 13 maggio 1938 chiuse definitivamente i battenti.

grazie a Muñoz, il ritorno alla sacralità del monumento

Durante il ventennio fascista si recuperò la vera essenza del mausoleo. Il piano regolatore del 1931 previde la demolizione d'un vasto settore del quartiere rinascimentale che nel corso dei secoli s'era sviluppato intorno al monumento. Furono così abbattuti gran parte dei palazzi attigui per far spazio alla nuova piazza dedicata all'imperatore Augusto, con la costruzione degli imponenti edifici in stile razionalista con i caratteristici portici in travertino intorno al mausoleo e alla recuperata e ricostruita Ara Pacis, a richiamare i portici dell'antico foro. La progettazione della nuova piazza Augusto Imperatore venne affidata all'architetto Vittorio Ballio Morpurgo, mentre per i lavori di restauro del mausoleo fu incaricato lo storico d'arte Antonio Muñoz che tra il 1936 e il 1938 fece demolire tutte le sovrastrutture costruite sul monumento, il che permise di riportarne l'aspetto a sepolcro imperiale, e fu in quell'ambito progettuale che l'architetto Muñoz concepì la visione di una nuova sacra piantumazione a corona di cipressi sulla sommità. Questa decisione, foriera di meticolosi valori storici, attentamente presa nel rispetto della sacralità dell'antica cipresseta romana, risultò perfetta anche dal punto di vista estetico. 

Quello che si vede attualmente all'interno del Mausoleo, le strutture di mattoni e le lapidi marmoree con i nomi dei Giulio-Claudii è gran parte frutto della ricostruzione degli anni trenta. Dei sepolcri è rimasto conservato solo quello di Agrippina. La lapide riporta la scritta: «OSSA AGRIPPINA F M AGRIPPA DIVI AVG NEPTIS VXORIS GERMANICI CAESARIS MATRIS C CAESARIS AVG GERMANICI PRINCIPIS» ossia: "Ossa di Agrippina; figlia di Marco Agrippa, nipote del Divo Augusto, moglie di Germanico Cesare, madre del Principe Gaio Cesare Augusto Germanico". Senza dubbio, questo monumento continua ad affascinare e a testimoniare la stratificazione millenaria della città eterna. In definitiva è una tappa imprescindibile per chiunque desideri scoprire l’anima più profonda di Roma, quando sarà possibile tornare a visitarlo.