er pescatore dé ciriole der tevere di Vittorio Metz

Io le andavo a pescare sotto ponte Umberto, vicino all'Augusteo dove una volta c'era il porto di Ripetta e nei cui pressi, e precisamente a via Tomacelli, sono nato non sò quante migliaia di anni fa. Siccome mi vergognavo di vestirmi da pescatore, avevo escogitato un mio particolare per raggiungere il fiume senza dare troppo nell'occhio. Mi vestivo cioè regolarmente (d'estate vesto sempre di bianco e in questo sono stato plagiato da Federico Fellini, che nel suo film "Roma" presenta sè stesso appunto abbigliato in questa maniera) con un panama in testa, la cravatta e il fazzoletto da taschino e le scarpe bicolori bianche e nere. Portavo un bastone animato che però in luogo di uno stocco conteneva una canna da pesca telescopica e, dentro una serissima borsa da avvocato nera ci tenevo un sacchetto di "cellophane" per riporci i pesci, una scatoletta con dentro le lenze già preparate e un'altra scatoletta con dentro i vermi.

Mentre raggiungevo la scaletta che dal lungotevere scende fino al fiume il massimo che mi poteva capitare era quanche: "Gelatoooo!" che mi veniva gridato dietro per scherno da qualche "regazzino" al quale il mio vestito immacolato richiamava alla mente, chissà perchè, coni gelati alla menta, al pistacchio e al limone. Forse perchè i gelatai vestono di bianco, immagino.

Il brutto veniva quando, raggiunta la sponda del fiume, svitato il puntale del bastone, con un gesto secco e preciso ne facevo saltar fuori una canna da pesca lunga cinque metri. Un coro di grida: "Te possino ammazzatte ...sto fjo dé nà mignotta!" maniera eufemistica di dire che uno ci sà fare ed è in gamba, accompagnava da quel momento in poi ogni mio gesto.

Attaccato a un capo della lenza all'occhiello d'acciaio in cima alla canna, ci annodavo la lenza che srotolavo, quindi estratto un verme di quelli rossi dalla sua scatoletta, lo infilavo all'amo. Dopo di che mi mettevo a pescare.

Le ciriole sono lente ad abboccare, quindi dovevo starmene lì per un pezzo, resistendo tenacemente agli inviti dei maschietti, i quali, incuriositi nel vedere un uomo vestito in quel modo scendere le scalete del fiume con le scarpe bianche a rischio di macchiarsele con l'orina e le "quaglie ferme" di cui erano cosparsi i gradini sdrucciolevoli (forse lo facevano con la segreta speranza di vedermi scivolare), mi gridavano con pertinacia il fatidico: "A pescatò! Quanno che senti fà ticcheticche, tira, che viè sù l'anima dé li mortacci tua!".

Poi, quando vedevo il galleggiante affondare piano piano, perchè la ciriola il verme non lo inghiotte di colpo, ma lo succhia piano piano, tiravo sù e se appesa alla lenza non c'era una scarpa, ci trovavo o un cavedano (che li chiamano "cefaletti" o "squaletti") o una ciriola. Allora era un coro di parole in cui predominava la lettera zeta, cioè: "Ammazzzzelo!" oppure:"Ammazzzzete oh!"  o più semplicemente: "Anvédi stò puzzzzone!". Il che significava il massimo dell'ammirazione. 

La ciriola si può mangiare fritta, in umido anzi "all'umido" come si dice a Roma, allo spiedo (ma in questo caso deve essere un pò grossa) e in tante altre maniere. Ma penso che la maniera migliore sia mangiarla arrosto.

Perciò vinta la riluttanza di vostra moglie per la quale la ciriola non è altro che un serpente, ecco come dovete comportarvi per spellarla (perchè lei si rifiuterà in tutte le maniere di farlo, minacciando nel caso voleste insistere, di tornare da sua madre, il chè poi si guarda bene dal fare , tanto che una volta io la invitai gentilmente, nel caso la madre sua non l'avesse rivoluta indietro, di andare dalla mia).

Fate un taglio circolare alla base della testa e poi appendetela ad un rampino (la ciriola, non la moglie). Poi incominciate prima con le dita, a stacare e a rovesciare la pelle intorno a dove è stato praticato il taglio e, quando se n'è staccata tanto da potersi prendere con le dita, afferratela con un panno e tiratela da cima a fondo, presso a poco come si fà con la "pajata".

Spellata la ciriola e toltale la testa, ritagliatela in pezzi di cinque o sei centimetri che vanno asciugati con una salvietta. Quindi preparate gli ingredienti per la "ciriola arrosto": olio, aceto, lauro, pepe, sale e pangrattato. Mescolate i vari pezzi acciòché possano assorbire il condimento come si deve e lasciateli così per qualche ora.

Prendete poi degli spiedini di canna o di metallo e infilateci due o tre pezzi di ciriola, infràmezzandoli con delle foglie di lauro- Sistemate gli spiedini guarniti in una teglia, versateci sopra la marinara avanzata e lasciate cuocere al forno di tanto in tanto.

Se mangerete questa pietanza di sera , durante la notte sognerete di essere una ciriola che viene spellata viva da quello che all'ufficio delle tasse, fà gli accertamenti sù quanto avete guadagnato in un anno.