CIRIOLA: LE TRE FACCE DELLA STESSA PAROLA di Claudio Di Giampasquale

La lingua italiana e alcune sue inflessioni dialettali hanno diversi casi di polisemia ovvero: parole identiche che possono assumere significati differenti a seconda del contesto in cui vengono utilizzate. Nel lessico romanesco la parola «ciriola» sta a significare tre facce e tre affascinanti storie, ciascuna intrecciata con la città, col sacro fiume e con il passato.
Il romanesco in realtà è sostanzialmente un codice linguistico talmente corrispondente all’italiano da poter essere considerato semplicemente un marcato e caratteristico accento dello stesso e non un vero e proprio linguaggio a sè stante. Ciò è dovuto alla sua matrice latino medievale fortemente influenzata dal vicino dialetto toscano che più di altri linguaggi italici, venne usato nelle corti di molti palazzi nobiliari nell'ambito del vasto Stato Pontificio. Con l'unificazione e la nascita del Regno poi, in tutta la penisola il dialetto fiorentino influenzò la nascita di un'unica lingua nazionale.

Quindi è per questo che la "calata romanesca" e la sua grammatica sono facilmente intendibili anche «a chi nun è dé Roma», purché conosca l'italiano. Tale inflessione presenta leggere variazioni nell’hinterland capitolino sino a scomparire man mano che ci si allontana decisamente dall'urbe verso i paesi delle regioni confinanti al Lazio, ove il romanesco nei secoli s'è mescolato ai vari dialetti perdendo considerevolmente se non totalmente i termini e i toni della genuina dizione romana «n'do è morto er re», per intenderci quella del Belli, di Trilussa, di Zanazzo e di altri letterati nati e cresciuti all'«ombra der cuppolone» che, ad esempio, «pé dì»: "fuggire", "guizzare" o "sgusciar via" oppure "scivolare dalla mano" (diversamente dai fiorentini che usavano il verbo sguìsciare) coniugavano il verbo «ciriolare» naturalmente alla romana "senza stó defunto re" tipo: «ma che me stai a ciriolà» e così fu che sulle rive del Tevere s'andò ad indicare il nome di un "guizzante e gustoso pescetto" cioè un'anguilla di piccolo taglio presente nelle bionde acque del fiume quand'ancora erano pescose.

Poi l'epressione romanesca di questo sfuggente animaletto acquatico è toccata alla "ciriola fatta di farina" ovvero una pagnottella all'epoca sfornata nelle profumate panetterie rionali. Nonché poi nel Novecento ha designato il mitico barcone ormeggiato sulle acque del fiume ai piedi di Castel Sant'Angelo, che dagli anni trenta fino agli anni settanta fece da stabilimento balneare fluviale. Ma vediamo più approfonditamente questi tre affascinanti volti romani della medesima parola: